Tre fili di perle
Con immenso
piacere ho accolto l’invito della scrittrice Anna Sallustro a presentare il suo
primo libro.
I motivi sono
essenzialmente due.
-Il primo è
che la conosco personalmente e ho avuto modo si assistere alla sua crescita
intellettuale e umana che l’ha portata ad essere la donna che ora è, ossia una
donna realizzata che è riuscita a superare un passato complesso per aprirsi ad
un futuro sereno, rafforzata da una consapevolezza nuova che le permette si dare
il giusto significato agli accadimenti della vita.
Un esempio da
imitare: da farfalla ferita, quale era, ha rinforzato le ali e si è messa a
volare e, volteggiando serenamente e gioiosamente nell’aria, ha scoperto altri
luoghi, altre realtà che prima non vedeva o meglio non poteva
vedere.
-Il secondo
motivo è che il libro che sto per presentare è davvero un bel libro sia dal
punto di vista letterario che da quello
psicologico.
Non è un
semplice romanzo né una autobiografia perché l’autrice pur avendo fatto
riferimento al suo vissuto, lo racconta come qualcosa che non le appartiene più,
non perchè l’abbia rimosso ma perché è riuscita a ricomporlo per dargli un senso
diverso e averne un’altra consapevolezza.
Nel racconto
degli sprazzi della sua esistenza travagliata si intercalano descrizioni
paesaggistiche dei luoghi vissuti di indubbia poeticità che rimandano alle
bellezze naturali incomparabili della Penisola Sorrentina: il Vesuvio, i Galli,
Capri e il mare dalle acque sempre increspate per l’azione continua dei venti
che spirano dal golfo di Napoli e di Salerno, vengono presentati in tutto il
loro splendore a supporto della veridicità delle vicende
narrate.
Queste
immagini vivide si susseguono come quadri del passato che parlano di lei,
preservando intatti colori e sfumature.
Ed è così che l’autrice si presenta: leggendo i
quadri del suo passato come a dipingerli non fosse stata lei ma l’ineluttabilità
di un destino avverso che lei lotta ma non vince, fin quando, prossima alla
resa, avviene l’inaspettata rivincita.
Nel libro
vengono passate in rassegna usi e tradizioni del passato legate ai tempi che
furono di un paese rurale, i Colli di Fontanelle, ubicato sulla pendice di una
collina che sovrasta la Penisola
Sorrentina , che, ancora oggi, è in cerca di una sua identità,
sballottato com’è, tra il vecchio che
persiste e il nuovo che ritarda ad affermarsi.
“Il paese era molto bigotto. Ci si conosceva
un po’ tutti, si parlava e si sparlava di tutti. C’era un piccolo bar e una
vecchia salumeria-dove se andavi più tardi delle dieci di mattina non trovavi né
pane né latte.
La scuola elementare, la chiesa e accanto il convento gestito dalle
suore: era il luogo dove avevo passato i primi anni di
vita.
[…] I ritmi delle giornate erano lenti e
sonnolenti…(pag.14-15)
Quanti spunti
di riflessione può trovare l’attento lettore tre queste righe? Soprattutto
laddove la protagonista racconta le vicende della sua infanzia trascorsa in un
luogo arretrato culturalmente e socialmente e allevata nell’indifferenza di chi
avrebbe dovuto dare un significato alle sue esperienze di vita e non l’ha fatto,
non per incuria, ma per ignoranza.
È doloroso per
Sanna riportare alla mente immagini di quel passato che le stanno a ricordare
che lei è stata una bambina diversa che, cresciuta da diversa, è diventata poi
una donna diversa. “Ero una bambina strana, difficile da
gestire, preferivo stare da sola e, a differenza delle mie sorelle, ero
sensibilissima ed emotiva. La mia sensibilità mi portava a compiacere gli altri,
anche le mie sorelle (pag.23).
Il racconto di
questo periodo è, secondo me, la parte più significativa del libro perché
l’autrice volutamente o non, mette in risalto l’importanza psicologica di una
fase della vita umana che se non esperita con vissuti gratificanti e sereni
pregiudica gravemente il futuro evolversi della
personalità.
“Questo era il bello dei bambini, la loro grandezza, la capacità e la
rapidità con cui si riappropriano delle loro potenzialità, insieme con una
presenza umana affettuosa nell’ambiente che li
circonda. Le conseguenze che il contatto fisico può avere sul loro
equilibrio tonico fanno miracoli. (pag. 11)
“La bambina non c’era più. La relegai, anzi la soffocai, nei meandri
della mia mente”.
Ed è qui che,
a mio avviso, il lavoro diventa ancora più significativo: il libro da semplice
romanzo di una vita difficile, costernata da dolori e insuccessi, diventa
manuale di riscatto per chiunque voglia sfidare le avversità della vita e
garantirsi il successo.
Di qui
l’utilità dell’opera soprattutto in questo nostro tempo che, impoverito dalla
mancanza di valori e di ideali, insegue il miraggio della felicità ad ogni
costo, da ottenere nell’immediato, contando più sulla fortuna che sull’impegno.
Al contrario,
il percorso di Sanna è stato tutto in salita, per strade tortuose, spesso
ostruite da enormi macigni che la protagonista, pazientemente e sapientemente,
ha saputo rimuovere per continuare a camminare e non arrendersi.
“ Il tempo trascorreva così: io sentivo
dentro un sottile malessere che cresceva subdolamente, cui non riuscivo a dare
un nome, mi sentivo estranea a tutto quasi fossi messa là in mezzo a loro da una
grande mano che chi sa dove mi aveva
prelevato.
Non mi sentivo amata e non solo dalla mia
famiglia ma anche dalle nonne. I nonni non li avevo conosciuti, dagli zii
percepivo diffidenza…
Non capivo perché, sapevo solo della pena che mi portavo
dentro. (pag. 24, pag.
29)
Che lezione di
vita!
Anche quando è
sopraffatta dall’angoscia e dallo scoraggiamento spera e sogna il momento del
riscatto… il momento in cui potrà dimostrare a tutti quello che lei sente di
essere.
Spesso le
ritornano in mente le parole di Norma, la donna delle pulizie pesanti: “Sannetta ricordati che di là delle nuvole,
siano esse di una giornata grigia o di diluvio, c’è sempre il sole”.
Si sposa con
l’uomo che ama e come tutte le giovani spose sogna la felicità: “Due
cuori e una capanna”, ma Mauro da quasi subito si mostra “…sempre assente anche se
presente”.
A sostenerla
nelle fasi più critiche della sua vita c’è lei, unica vera compagna,
consolatrice delle sue pene, la fede. Una fede
granitica, alimentata più dalla fervida ricerca di un Dio-amore, di un Dio
amico, Creatore di ogni cosa, che non
dalla partecipazione ai riti tradizionali della
chiesa.
Questo le ha
permesso di rinvigorire, giorno dopo giorno, quello spirito che ha contribuito a
darle la forza necessaria a non rassegnarsi alle avversità del presente.
Sanna vince
perché è forte.
Tocca il fondo
e sperimenta l’angoscia della depressione… “Vivevo una condizione psicologica… così…
precaria, avevo la sensazione di non esistere, di essere invisibile ai più. Non
mi era permesso pensare, chiedere, avere desideri…”;… e finanche la disperazione, con il desiderio di farla
finita: “La tentazione di buttarmi, di varcare
quella soglia era forte. Era un richiamo
irresistibile…”.
Ma quando
tutto sembra ormai perso inizia la risalita. Il percorso è duro: le si chiede di
attraversare le strade scoscese del suo inconscio, di entrare nei posti bui del
suo essere e di decidere a un bivio della propria esistenza se scegliere per la vita o per la
morte.
Ed è la vita
ad essere scelta.
Sanna rivive
il passato attraverso una retrospettiva psicologica che glielo restituisce
mostrandone aspetti nascosti, sfaccettature diverse e lei capisce…
Indaga,
esplora e scava ancora; scopre altri punti di vista diversi dai suoi che le
scardinano le vecchie convinzioni: l’impalcatura della sua vita crolla come se
fosse stata di sabbia. Ma subito lei riparte per ricostruirla e stavolta… è con
il cemento che la consolida.
Le incertezze
di Sanna cedono alla consapevolezza dell’azione e come nelle pellicole dei film
la bobina si riavvolge ma ora non nasconde più segreti: tutto è stato visto e il
finale è stata cambiato. Ora è a lieto fine.
Sanna ha
ridato la vita al figlio mai nato e si riprende la propria
vita.
“Quel figlio cui avevo tolto il diritto alla
nascita, alla gioia, a condividere con noi la sua
vita.
Lo trovai nel buio del tunnel. Lo raccolsi
delicatamente come fosse fine porcellana, era buttato là come uno straccio
inutile; l’abbracciai; lo baciai, piansi tutte le mie lacrime fino a
prosciugarmi le viscere.
Stetti con lui tutto il tempo possibile
cantandogli una ninna-nanna senza fine; lo portai fuori nella luce, gli diedi la
libertà.
Lo feci volare nel cielo azzurro: era un angelo. Il suo posto era in
cielo. -“Va figlio mio e aspettami. Ti raggiungerò. E allora ti darò tutto
l’amore di cui sono capace. Mi farò perdonare, te lo
giuro!”
(pag.139).
Riprende tra
le sue mani il filo della propria esistenza che ora conduce lì dove vuole e così
come desidera, libera da condizionamenti e da dinieghi. (pag. 147)
“…finalmente mi stavo svegliando, ma che
dico? Finalmente incominciavo a volermi un po’ di
bene!”.
E così va
spedita nella direzione giusta e incontra il successo che le restituisce tutto
ciò che le era stato negato e/o impedito.
Il libro è
anche un “atto di speranza” che smentisce vecchie convinzioni. Lo stesso Freud,
interprete autorevole delle istanze interiori, sosteneva che dietro ogni
individuo c’è una storia. “C’è una
ragione per cui ogni persona è quella che è.
Le persone - egli diceva – sono
così non perché lo vogliono ma solo perché qualcosa nel passato le ha
rese tale e alcune volte è impossibile cambiarle”.
Ebbene per
Sanna non è stato così.
Lei con la sua
vita ha dimostrato che cambiare è possibile: basta volerlo!
Che bello
quando dichiara: “Da qualche parte avevo letto che “il futuro
è basato sul passato dimenticato” ed era così! Non si può andare bene nella vita
se prima non si lasciano andare i fallimenti e i dolori passati. Io c’ero
riuscita!”.
In
conclusione, voglio aggiungere quello che il mio amico preside, Luigi Avellino,
uomo di grande cultura, sostiene
convinto: “Ci sono libri che non possono
essere letti tutto d’un fiato. Essi vanno ingeriti a sorsi, ora più lenti, ora
più rapidi, a seconda del proprio stato d’animo” ed è così per “Tre fili di
perle”.
Letto e
riletto fa sempre meditare.
Avvince e
stupisce per la trama e per i contenuti, per i sentimenti e per le emozioni che tratta, tanto che difficilmente
si riesce a restarne distaccati; s’impone
alla riflessione e spinge a considerare o a riconsiderare la propria
vita… il proprio modo di essere; è un esempio di riscatto, un modello da
seguire: un’opera nei cui racconti ognuno può identificare la propria immagine,
i propri ricordi: amori, gioie, dolori.
Anna
Guarracino
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