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venerdì 15 luglio 2016

Tre fili di perle - Leggere per riflettere (14 febbraio 2013)

Tre fili di perle

Con immenso piacere ho accolto l’invito della scrittrice Anna Sallustro a presentare il suo primo libro.
I motivi sono essenzialmente due.
-Il primo è che la conosco personalmente e ho avuto modo si assistere alla sua crescita intellettuale e umana che l’ha portata ad essere la donna che ora è, ossia una donna realizzata che è riuscita a superare un passato complesso per aprirsi ad un futuro sereno, rafforzata da una consapevolezza nuova che le permette si dare il giusto significato agli accadimenti della vita.
Un esempio da imitare: da farfalla ferita, quale era, ha rinforzato le ali e si è messa a volare e, volteggiando serenamente e gioiosamente nell’aria, ha scoperto altri luoghi, altre realtà che prima non vedeva o meglio non poteva vedere.
-Il secondo motivo è che il libro che sto per presentare è davvero un bel libro sia dal punto di vista letterario che da quello psicologico.
Non è un semplice romanzo né una autobiografia perché l’autrice pur avendo fatto riferimento al suo vissuto, lo racconta come qualcosa che non le appartiene più, non perchè l’abbia rimosso ma perché è riuscita a ricomporlo per dargli un senso diverso e averne un’altra consapevolezza.

Nel racconto degli sprazzi della sua esistenza travagliata si intercalano descrizioni paesaggistiche dei luoghi vissuti di indubbia poeticità che rimandano alle bellezze naturali incomparabili della Penisola Sorrentina: il Vesuvio, i Galli, Capri e il mare dalle acque sempre increspate per l’azione continua dei venti che spirano dal golfo di Napoli e di Salerno, vengono presentati in tutto il loro splendore a supporto della veridicità delle vicende narrate.
Queste immagini vivide si susseguono come quadri del passato che parlano di lei, preservando intatti colori e sfumature.
Ed è  così che l’autrice si presenta: leggendo i quadri del suo passato come a dipingerli non fosse stata lei ma l’ineluttabilità di un destino avverso che lei lotta ma non vince, fin quando, prossima alla resa, avviene l’inaspettata rivincita.

Nel libro vengono passate in rassegna usi e tradizioni del passato legate ai tempi che furono di un paese rurale, i Colli di Fontanelle, ubicato sulla pendice di una collina che sovrasta la Penisola Sorrentina, che, ancora oggi, è in cerca di una sua identità, sballottato com’è,  tra il vecchio che persiste e il nuovo che ritarda ad affermarsi.
“Il paese era molto bigotto. Ci si conosceva un po’ tutti, si parlava e si sparlava di tutti. C’era un piccolo bar e una vecchia salumeria-dove se andavi più tardi delle dieci di mattina non trovavi né pane né latte.
 La scuola elementare, la chiesa e accanto il convento gestito dalle suore: era il luogo dove avevo passato i primi anni di vita. […] I ritmi delle giornate erano lenti e sonnolenti(pag.14-15)

Quanti spunti di riflessione può trovare l’attento lettore tre queste righe? Soprattutto laddove la protagonista racconta le vicende della sua infanzia trascorsa in un luogo arretrato culturalmente e socialmente e allevata nell’indifferenza di chi avrebbe dovuto dare un significato alle sue esperienze di vita e non l’ha fatto, non per incuria, ma per ignoranza.
È doloroso per Sanna riportare alla mente immagini di quel passato che le stanno a ricordare che lei è stata una bambina diversa che, cresciuta da diversa, è diventata poi una donna diversa. “Ero una bambina strana, difficile da gestire, preferivo stare da sola e, a differenza delle mie sorelle, ero sensibilissima ed emotiva. La mia sensibilità mi portava a compiacere gli altri, anche le mie sorelle (pag.23).

Il racconto di questo periodo è, secondo me, la parte più significativa del libro perché l’autrice volutamente o non, mette in risalto l’importanza psicologica di una fase della vita umana che se non esperita con vissuti gratificanti e sereni pregiudica gravemente il futuro evolversi della personalità. 
“Questo era il bello dei bambini, la loro grandezza, la capacità e la rapidità con cui si riappropriano delle loro potenzialità, insieme con una presenza umana affettuosa nell’ambiente che li  circonda. Le conseguenze che il contatto fisico può avere sul loro equilibrio tonico fanno miracoli. (pag. 11)
 “La bambina non c’era più. La relegai, anzi la soffocai, nei meandri della mia mente”.
Ed è qui che, a mio avviso, il lavoro diventa ancora più significativo: il libro da semplice romanzo di una vita difficile, costernata da dolori e insuccessi, diventa manuale di riscatto per chiunque voglia sfidare le avversità della vita e garantirsi il successo.
Di qui l’utilità dell’opera soprattutto in questo nostro tempo che, impoverito dalla mancanza di valori e di ideali, insegue il miraggio della felicità ad ogni costo, da ottenere nell’immediato, contando più sulla fortuna che sull’impegno.
Al contrario, il percorso di Sanna è stato tutto in salita, per strade tortuose, spesso ostruite da enormi macigni che la protagonista, pazientemente e sapientemente, ha saputo rimuovere per continuare a camminare e non arrendersi.
“ Il tempo trascorreva così: io sentivo dentro un sottile malessere che cresceva subdolamente, cui non riuscivo a dare un nome, mi sentivo estranea a tutto quasi fossi messa là in mezzo a loro da una grande mano che chi sa dove mi aveva prelevato.
Non mi sentivo amata e non solo dalla mia famiglia ma anche dalle nonne. I nonni non li avevo conosciuti, dagli zii percepivo diffidenza…
Non capivo perché, sapevo solo della pena che mi portavo dentro. (pag. 24, pag. 29)

Che lezione di vita!

Anche quando è sopraffatta dall’angoscia e dallo scoraggiamento spera e sogna il momento del riscatto… il momento in cui potrà dimostrare a tutti quello che lei sente di essere.
Spesso le ritornano in mente le parole di Norma, la donna delle pulizie pesanti: “Sannetta ricordati che di là delle nuvole, siano esse di una giornata grigia o di diluvio, c’è sempre il sole”.

Si sposa con l’uomo che ama e come tutte le giovani spose sogna la felicità: “Due cuori e una capanna”, ma Mauro da quasi subito si mostra “…sempre assente anche se presente”.
A sostenerla nelle fasi più critiche della sua vita c’è lei, unica vera compagna, consolatrice delle sue pene, la fede. Una fede granitica, alimentata più dalla fervida ricerca di un Dio-amore, di un Dio amico, Creatore di ogni cosa,  che non dalla partecipazione ai riti tradizionali della chiesa.
Questo le ha permesso di rinvigorire, giorno dopo giorno, quello spirito che ha contribuito a darle la forza necessaria a non rassegnarsi alle avversità del presente.
Sanna vince perché è forte.

Tocca il fondo e sperimenta l’angoscia della depressione… “Vivevo una condizione psicologica… così… precaria, avevo la sensazione di non esistere, di essere invisibile ai più. Non mi era permesso pensare, chiedere, avere desideri…”;… e finanche  la disperazione, con il desiderio di farla finita: “La tentazione di buttarmi, di varcare quella soglia era forte. Era un richiamo irresistibile…”.
Ma quando tutto sembra ormai perso inizia la risalita. Il percorso è duro: le si chiede di attraversare le strade scoscese del suo inconscio, di entrare nei posti bui del suo essere e di decidere a un bivio della propria esistenza se  scegliere per la vita o per la morte.
Ed è la vita ad essere scelta.
Sanna rivive il passato attraverso una retrospettiva psicologica che glielo restituisce mostrandone aspetti nascosti, sfaccettature diverse e lei capisce…
Indaga, esplora e scava ancora; scopre altri punti di vista diversi dai suoi che le scardinano le vecchie convinzioni: l’impalcatura della sua vita crolla come se fosse stata di sabbia. Ma subito lei riparte per ricostruirla e stavolta… è con il cemento che la  consolida.
Le incertezze di Sanna cedono alla consapevolezza dell’azione e come nelle pellicole dei film la bobina si riavvolge ma ora non nasconde più segreti: tutto è stato visto e il finale è stata cambiato. Ora è a lieto fine.
Sanna ha ridato la vita al figlio mai nato e si riprende la propria vita.
“Quel figlio cui avevo tolto il diritto alla nascita, alla gioia, a condividere con noi la sua vita.
Lo trovai nel buio del tunnel. Lo raccolsi delicatamente come fosse fine porcellana, era buttato là come uno straccio inutile; l’abbracciai; lo baciai, piansi tutte le mie lacrime fino a prosciugarmi le viscere.
Stetti con lui tutto il tempo possibile cantandogli una ninna-nanna senza fine; lo portai fuori nella luce, gli diedi la libertà.
Lo feci volare nel cielo azzurro: era un angelo. Il suo posto era in cielo. -“Va figlio mio e aspettami. Ti raggiungerò. E allora ti darò tutto l’amore di cui sono capace. Mi farò perdonare, te lo giuro!” (pag.139).
Riprende tra le sue mani il filo della propria esistenza che ora conduce lì dove vuole e così come desidera, libera da condizionamenti e da dinieghi. (pag. 147)
“…finalmente mi stavo svegliando, ma che dico? Finalmente incominciavo a volermi un po’ di bene!”.

E così va spedita nella direzione giusta e incontra il successo che le restituisce tutto ciò che le era stato negato e/o impedito.

Il libro è anche un “atto di speranza” che smentisce vecchie convinzioni. Lo stesso Freud, interprete autorevole delle istanze interiori, sosteneva che dietro ogni individuo c’è una storia. “C’è una ragione per cui ogni persona è quella che è.   Le persone - egli diceva – sono  così non perché lo vogliono ma solo perché qualcosa nel passato le ha rese tale e alcune volte è impossibile cambiarle”.
Ebbene per Sanna non è stato così.
Lei con la sua vita ha dimostrato che cambiare è possibile: basta volerlo! 
Che bello quando dichiara: “Da qualche parte avevo letto che “il futuro è basato sul passato dimenticato” ed era così! Non si può andare bene nella vita se prima non si lasciano andare i fallimenti e i dolori passati. Io c’ero riuscita!”.

In conclusione, voglio aggiungere quello che il mio amico preside, Luigi Avellino, uomo di grande cultura,  sostiene convinto: “Ci sono libri che non possono essere letti tutto d’un fiato. Essi vanno ingeriti a sorsi, ora più lenti, ora più rapidi, a seconda del proprio stato d’animo” ed è così per “Tre fili di perle”.

Letto e riletto fa sempre meditare.

Avvince e stupisce per la trama e per i contenuti, per i sentimenti e per le  emozioni che tratta, tanto che difficilmente si riesce a restarne distaccati; s’impone  alla riflessione e spinge a considerare o a riconsiderare la propria vita… il proprio modo di essere; è un esempio di riscatto, un modello da seguire: un’opera nei cui racconti ognuno può identificare la propria immagine, i propri ricordi: amori, gioie, dolori.

                                                                                  
                                                                                    
                                                                              Anna Guarracino






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