Il buio e la luce riportano alla mente di tutti il passaggio
dal nulla alla creazione, il divario tra la notte e il giorno, la differenza
tra il male e il bene, il distacco tra il tempo brutto e il tempo bello, tra la
tempesta e il sole, l’inconciliabilità tra la morte e la vita. Contrasti
innegabili!
Più difficile è spiegare, negli stessi termini, il chiaro scuro del crocifisso che risalta
al centro dell’altare della nuova cappella dei Colli di Fontanelle, adiacente
alla chiesa della Natività di Maria Vergine.
Trattasi di un Cristo in penombra esaltato dallo sfondo di
luce soffusa che si infiltra dall’esterno, da uno squarcio luminoso a mo’ di croce.
In tanta luce emerge, in un corpo contorto dal dolore, la
sofferenza dell’Innocente.
Qui il buio e la luce non sono distinti: questo corpo in
penombra fa più luce della luce dello sfondo.
Nessuno può rimanere indifferente alla sua vista e ognuno può
interpretare lo scenario come vuole.
Di certo qui non c’è il nulla; non c’è la notte e neanche la
tempesta; non c’è il male e non c’è la morte: qui il buio è stato annientato.
Il buio che traspare da questo crocifisso è tutt’altro: è speranza.
Il corpo esanime del
Cristo, con il capo riverso in avanti, si presenta con ampie e possenti spalle
sulle quali sembra che pesi tuttora la malvagità dell’uomo che alla pace
preferisce la guerra, alla solidarietà l’egoismo, all’amore il dolore… dunque la
malvagità anche dell’uomo dei nostri giorni e anche la nostra.
La sofferenza, per tanta sopportazione, traspare da ogni
parte del suo corpo in agonia, ormai prossimo alla fine.
Eppure, in tanto spasimo, le sue gambe sono tese e il suo
corpo è proteso in avanti, pronto al perdono, in un ultimo sforzo, prima di
esalare l’ultimo respiro.
Come non affidarci a Lui!
Come non ringraziarLo per averci donato insieme alla sua vita
anche il perdono e la speranza!
Come non festeggiarLo per aver vinto il buio!
Non so chi sia stato a
scolpire tale “incanto”, ma so che è un autentico capolavoro: parla a tutti e
dice tutto.
Anna Guarracino
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