Anche quest’anno, come per le passate edizioni,
la Sagra
“Fontanelle 2009” si è conclusa, dopo quattro giorni di
continui festeggiamenti, con lusinghiero successo.
Anch’io, come sempre, vi ho partecipato, ma questa volta
non in veste di organizzatrice, ma di visitatrice, attenta e interessata, a
tutti gli aspetti di questa piacevole manifestazione.
È inutile dire che mi è bastato varcare la soglia del
cancello che introduce alla mostra-mercato più rinomata della penisola
sorrentina per sentirmi inebriare da quell’aria festosa e suggestiva che rimanda
al tradizionale mondo dei contadini.
So bene che le mie impressioni potrebbero non essere del
tutto obiettive perché sottoposte all’inganno dei sentimenti condizionati
dall’affetto che nutro per questa Sagra che, di anno in anno, sempre più, mi
affascina.
Mai l’ho trovata meramente ripetitiva perché pur
riproducendosi sullo stesso schema non manca mai di novità e di attrattive ed io
in questi anni tanto ho imparato sulla cultura contadinesca e sulle tradizioni
del mio paese.
Per questo non voglio descrivere la visita, come ho fatto
l’anno scorso, ma voglio soffermarmi su tre aspetti dell’evento che maggiormente
hanno carpito il mio interesse.
§
Innanzitutto molto ho apprezzato il passaggio per le
strade del paese della banda musicale che con note avvincenti annunciava a tutti
il momento di festa invitando e invogliando alla
partecipazione.
§
Secondo, mi è tanto piaciuta la preparazione dei viali
all’ingresso della Sagra. Ogni anno mi
ha incantato, ma questa volta di più: sono stati più curati i particolari e
l’insieme ha offerto una visione più spettacolare di sé.
Mi spiego: l’aver posto
accanto, intrecciati e confusi tra loro, i colori vividi dei fiori e degli
ortaggi è stato davvero straordinario.
La scritta fantastica
“Fontanelle 2009” con i pomodorini rossi su un fondo di
paglia attirava lo sguardo tanto quanto un dipinto di un grande artista. E che
dire di quel bel giallo dei girasoli che spiccava sul verde matto degli
ulivi?
§
Terzo, mi ha sorpreso nell’area espositiva la mancanza di quella che ritenevo
la più attraente “bancarella agricola” della mostra: quella di Gaetano
Guarracino, diventato nel tempo la mascotte storica della Sagra dei Colli di
Fontanelle.
Negli anni questo simpatico
contadino, nostro paesano, si è divertito a stupirci con le sue creazioni
artistiche fatte con prodotti del suo fondo agricolo. Ne andava egli stesso
orgoglioso e nello spiegarci il procedimento eseguito ci avvinceva totalmente
con il suo entusiasmo.
Egli più di tutti gli altri
ha collezionato nel tempo premi su premi: ora per lo stand più bello della Sagra… ora per quello più
accattivante… ora per quello con più prodotti agricoli in
esposizione…
Se mai ci fosse qualcuno
che meriterebbe anche un premio per le maggiori presenze o per la maggiore
simpatia nella partecipazione alla Sagra quello è sempre lui, diventato a pieno
merito personaggio storico, figura istituzionale della Mostra-mercato di
Fontanelle.
Spero vivamente che l’anno
prossimo ritorni, pimpante come sempre, al suo ruolo così faticosamente
conquistato.
E per finire devo aggiungere un’ultima considerazione a
questo mio resoconto che esula dalla visita fatta alla fiera, ma ad essa si
collega strettamente.
Ho letto il libro scritto da Franco Gargiulo in occasione
del trentennale della Sagra, intitolato “La frazione dei Colli di Fontanelle in
Sant’Agnello e la
Sagra che vi si svolge in Settembre” e presentato qui ai Colli, nei locali del Circolo culturale
“Nuovi Orizzonti”, nei primi giorni della Sagra di quest’anno.
Purtroppo non ho potuto essere presente a questa
iniziativa per impegni professionali e perciò ho comprato il libro solo qualche
giorno dopo, nel tradizionale stand di Franco Gargiulo, il vigile
scrittore.
L’ho letto in un solo fiato e mi è piaciuto tanto che ora
lo consiglierei a tutti i miei compaesani e non
solo.
L’autore ha diviso l’opera letteraria in due parti: la
prima l’ha dedicata alla storia dei Colli e della Sagra e la seconda al suo
amico Carlo Sagristani, ideatore della stessa
Sagra.
Non sintetizzo il contenuto del testo per evitare di
inficiare la curiosità dei potenziali
futuri lettori, ma mi limito a esprimere ciò che la lettura ha suscitato in
me.
Intanto premetto che con Franco, l’autore del testo, ho
condiviso, sebbene per pochi anni, l’amicizia di Carlo e come lui ho partecipato
alle prime edizioni della Sagra e quindi ne ho visto la nascita e ho assistito
alla sua evoluzione fino all’attuale edizione. Quindi ripercorrere, durante la
lettura del libro, quelle tappe storiche del nostro passato ha risvegliato in me
tanti ricordi, alcuni decisamente belli e altri davvero
tristi.
Degli ultimi non parlerò, ma dei primi
sì.
Sin dall’inizio sapevo bene che con quella manifestazione
così decantata da Carlo avrebbe avuto successo e ricordo ancora l’impegno
profuso durante l’organizzazione delle prime due edizioni: fu
immenso.
Ero stimolata da Carlo che spesso veniva a casa insieme
al vulcanico Girolamo Tozzi, da sempre amico carissimo di famiglia, per
convincermi del successo dell’iniziativa. Ma a essere coinvolto maggiormente fu
papà, che, come me, amava ideare momenti conviviali mirati a trascorrere serate
in allegria.
Allora non avevamo modelli da seguire… ci si affidava
all’inventiva. E fu così che insieme pensammo al falò in piazza, acceso dopo
l’offerto dei panini farciti con salsiccia e broccoli o con salsiccia e peperoni
verdi. E pensammo anche al ballo: doveva essere tradizionale e rappresentativo
della nostra zona e dunque non poteva non essere che la nota “Tarantella
sorrentina”.
In quella edizione tutto era offerto, non si pagava nulla
e né si vendeva alcunché.
Quello spirito festoso, disinteressato e gioioso, non
l’ho più rivissuto, ma il ricordo di quell’esperienza è vivido dentro di
me.
C’era poca gente, rispetto ad ora, ma a noi poco
importava: ci bastava stare bene
insieme, in allegra compagnia.
L’euforia fu tanta che io mi misi a distribuire il vino
dimenticandomi di non sopportarne l’odore, perché astemia. A sera inoltrata ero
ubriaca senza aver bevuto un solo goccio e da allora non ho più voluto farlo.
L’anno successivo con un po’ di organizzazione in più
l’evento raggiunse il massimo del successo, superando di gran lunga la più rosea
delle previsioni.
Allora in piazza bruciammo “Bacco, il dio del vino”. Non
ricordo chi lo costruì, ma il falò fu davvero
spettacolare.
Con questi eventi avevamo risvegliato in tutti, a nostra
insaputa, il senso della festa popolare e in tanti partecipavano
all’organizzazione, ognuno facendo la propria
parte.
L’allegria di papà non la dimentico e ancora oggi a lui
mi ispiro nella realizzazione delle mie iniziative
pubbliche.
Credo che se dessimo la parola a tutti coloro che hanno
partecipato in questi trent’anni all’organizzazione di questa festa, ognuno
avrebbe qualcosa di originale e di bello da
raccontare.
Ha ragione Franco quando dice che questo evento ha
cambiato le sorti economiche e socio-culturali del nostro paese, segnandone uno
snodo storico significativo.
Alla Sagra tutti siamo un po’ debitori.
I denigratori della stessa parlano magari solo perché non
l’hanno mai fatta "standone dentro" e pertanto non sono in grado di farne una
disamina serena e reale.
Da questa festa anch’io ho ricevuto tanto che a
raccontarlo per iscritto dovrei riempire molte più pagine di quelle scritte da
Franco.
Un record dedicatomi merita di essere
citato.
Sfidai un mio carissimo amico pizzaiolo, Raffaele: volevo
che mi lanciasse in alto la pasta della pizza napoletana per poi prenderla sul
dito indice e farla ancora volteggiare, senza romperla, come lui mostrava di
fare bene in altezze limitate. Mi fece attendere fino all’una di notte quando mi
chiamò per effettuare la prova. Era circondato da tanti altri nostri amici che
gli facevano coraggio cantando canzoncine incoraggianti.
Stavamo in piazza e lui si concentrava e guardava in
alto: mirava al superamento dei fili della corrente. A me sembrava davvero
impossibile poter giungere a tanto, d'altronde io non ci sarei riuscita neppure
lanciando a due mani un oggetto qualsiasi.
Mi dovetti ricredere. Raffaele lanciò deciso la pasta che
volteggiando lievemente, superò i fili e ricadde sulla sua mano riprendendo
sorprendentemente a volteggiare, senza fare neppure una grinza.
Scoppiò un fragoroso applauso e seguirono, insiemi a
miei, i tantissimi complimenti dei presenti. Che bella nottata fu
quella!
È inutile aggiungere che dopo fummo costretti tutti a
mangiarla e solo più più tardi, quasi in mattinata, tornammo felici ognuno a
casa propria.
Quanti altri fatti potrei
raccontare…
Certo chi mi conosce bene potrebbe invitarmi a parlare
anche di quegli avvenimenti accadutimi durante l’organizzazione di alcune
edizioni più recenti, da me presiedute, che tanto clamore hanno avuto sulla
stampa locale.
Ebbene anche questi episodi imprevedibili mi hanno tanto
insegnato e tanto fortificata.
Oggi li annovero tra più significativi e il loro ricordo
mi è caro come tutti gli altri.
Il bello è …esserci sempre stata e aver contribuito al
successo di quella che ancora oggi può ritenersi, a pieno merito, la più
storica, suggestiva e bella, Sagra dei prodotti locali della penisola
sorrentina.
Si, condivido a pieno i contenuti e i sentimenti espressi
da Franco nel suo libro e spero, come lui, che la Storia del nostro paese
possa ancora per molti anni annoverare tra le sue pagine tanta altre Sagre e
tanti altri episodi/eventi volti a valorizzare il nostro passato, ricordando
quelle persone che tanto hanno fatto per noi.
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