Nuove Indicazioni
Nazionali
per il curricolo della
scuola
-I miei dubbi di docente
con un’esperienza ultratrentennale, vissuta per lo più in classe, a contatto
diretto con gli alunni e con le loro famiglie, in una società irrefrenabile che
corre all’impazzata verso un futuro alquanto
incerto-
Chi, come me, ha cercato
nella bozza delle Indicazioni elementi strutturali di novità, soprattutto di
ordine psico-pedagogico, è rimasto profondamente deluso.
Il documento ricalca
pedissequamente le passate riforme della Scuola e, se non fosse per l’accenno
all’unitarietà dei saperi poggiata sulla necessaria interdisciplinarietà, tesa a
ridurre la frammentazione delle conoscenze praticata nel passato, e per il forte
richiamo all’innovazione tecnologica della didattica, per renderla più consona
alle esigenze formative degli utenti, riconosciuti finalmente “nativi digitali”a
tutti gli effetti, potremmo dire tranquillamente che nulla è
cambiato.
Ovviamente ci sono alcuni
riferimenti dovuti al cambiamento vorticoso della società di questi ultimi anni
e che, pertanto, non potevano essere presenti nelle precedenti riforme, come
l’esigenza di conformarsi sempre di più al quadro di riferimento delle
competenze europee; come il richiamo a valutare il grado di competenze raggiunte
da ogni alunno a fine percorso scolastico, secondo criteri standard di qualità
ricercati dall’INVALSI per renderli comuni a tutte le scuole; come lo studio di più lingue, dettato dalla
presenza sullo stesso territorio di persone appartenenti a culture diverse e il
ricorso alla tecnologia che diventa materia di studio e, nel contempo, assume la
caratteristica dell’elemento di unione tra le diverse discipline, dato che i
suoi strumenti sono determinanti per l’innovazione delle metodologie di insegnamento.
Ribadisco: sono tutti
aspetti imprescindibili dagli sviluppi attuali della nostra società e pertanto
sarebbe stato impossibile ignorarli.
Quindi aspetti importanti
ma non per questo trattati in modo esaustivo: anzi, a mio parere, si ravvisano,
nell’analisi riportata dalla Bozza, ancora omissioni, ambiguità e forti nodi di criticità.
Ad esempio, al di là del
proclama squisitamente politico, dove
sta il vero Curricolo della Scuola, cioè quel documento di base che, pur
abbandonando la logica della prescrittività, dia riferimenti certi alla Scuola
italiana?
Si cercano nella
valutazione delle competenze standard di qualità comuni a tutte le scuole e poi
si lasciano tutte le scuole senza un valido Documento Nazionale di
riferimento, demandando tutta l’azione formativa alla creatività e alla
fantasia di queste ultime che sono costrette, loro malgrado, a inventarsi
curricoli e progettazioni servendosi di operatori spesso poco qualificati, visto
che negli anni passati la laurea in Pedagogia, in Psicologia e nelle Scienze
Sociali oltre che quella in Ingegneria progettuale non era richiesta per l’ insegnamento nella scuola di
base.
Questo fa sì che ancora
nelle scuole si rischierà di trovarsi davanti a progetti mortificanti, come già è
avvenuto nel passato allorquando si è assistito al proliferare di stravaganti
progetti che, pur trovando giustificazione nella logica (aberrante) della scuola
che li aveva programmati e attuati, nulla avevano a che vedere con il discorso
formativo dell’istruzione e dell’educazione degli
alunni.
Essi tante volte
rispondevano solo alle aspettative degli adulti, vuoi perché venivano programmati tenendo conto
delle competenze e/o ambizioni degli operatori presenti a scuola in quel dato
momento vuoi perché venivano ideati considerando i bisogni politici delle
amministrazioni locali o addirittura le aspettative di alcuni genitori,
prevaricanti.
Quando si porrà davvero fine a tutto questo strazio?
Bastano per questo le brevi
e semplici indicazioni contenute nella bozza laddove è scritto: “La
scuola non può interpretare questo compito come semplice risposta a
un’emergenza. Non è opportuno trasformare le sollecitazioni che le provengono da
vari ambiti della società in un moltiplicarsi di microprogetti che investono gli
aspetti più disparati della vita degli studenti
[…]”
Altro nodo evidente è
quello determinato dalla voglia spasmodica, che traspare da ogni pagina di
questa Bozza, di apertura della Scuola alle nuove realtà territoriali, ai nuovi
orizzonti sociali e culturali nonché ai nuovi saperi, a partire dalla stessa
tecnologia.
Mi chiedo: come si può conciliare l’ampliamento
dell’offerta formativa curricolare rispondente a questi nuovi bisogni (aumento
delle discipline di insegnamento con relative competenze) con la riduzione
dell’organico e dell’orario di insegnamento?
Nella bozza del Documento,
nel profilo dello studente al termine del primo ciclo d’istruzione, si fa
riferimento, oltre alle competenze di base nelle discipline tradizionali, già
presenti nei curricoli della scuola, come quelle in Madrelingua, in Matematica,
in Scienze e in Tecnologia nonché in Lingua straniera, anche a quelle nelle materie che io definisco “dei nuovi tempi” ovvero alle competenze
in materia digitale, in arti sociali e civiche, in spirito di iniziativa e
imprenditorialità, in consapevolezza ed espressione culturale.
E mi chiedo:
-Può la scuola, con i suoi orari ridotti, fronteggiare
queste richieste?
E per l’Inglese, basteranno i corsi di aggiornamento, per
tutti quei docenti che ancora non si sono formati, visto che nel passato non era
obbligatorio l’insegnamento della Lingua e pertanto ai docenti non era richiesto
una formazione in tal senso?
(Solo agli ultimi concorsi
i docenti sono stati chiamati ad abilitarsi per l’insegnamento della Lingua
Inglese, ma molti di loro stanno ancora tra la schiera dei precari, vista
l’esiguità delle assunzioni avutasi negli ultimi quindici anni).
E che fine ha fatto il discorso epistemologico sulla conoscenza delle discipline che ha
spinto tanti docenti ad approfondire la materia d’insegnamento per
“specializzarsi” e per meglio padroneggiarla?
E’ cambiata la Pedagogia e la Didattica , ossia quelle
Scienze delle Educazione che nel passato avevano il compito di studiare i
processi formativi per indirizzare l’azione formativa della Società oltre che
della scuola?
E se tutto questo sarà
davvero praticabile, come si valuteranno
le competenze di queste materie dei nuovi
tempi?
Certamente non con i test
dell’Invalsi che sembrano andare in tutta altra
direzione.
Lì, finora non ho mai
trovato un solo item che potesse servire a valutare il pensiero divergente di un
alunno: o si risponde nel modo richiesto o si sbaglia… alternative non mi sembra
che ce ne siano.
Dunque che fare? Bisognerà indirizzare l’azione didattica verso
l’acquisizione di competenze ben determinate, nella direzione INVALSI o
indirizzare la proposta sui bisogni degli studenti, rispettando i loro stili
cognitivi e i loro ritmi di apprendimento, proprio come richiesto nel paragrafo
sulla Centralità della persona: “[…] i docenti dovranno pensare e realizzare i
loro progetti educativi e didattici non per individui astratti, ma per persone
che vivono qui e ora, che sollevano precise domande esistenziali, che vanno alla
ricerca di orizzonti di significato.”?
E, se si sceglierà questa
seconda opzione, come si valuterà il
soggetto creativo che, interpretando, con una sua logica personale, un argomento
e un discorso, arriverà nella compilazione di un test o nella soluzione di una
situazione problematica a dare riposte
singolari, non previste dagli schemi pre-strutturati, a risposte chiuse e
a scelta multipla di verifica, come quelle
dell’INVALSI?
Infine, pur condividendo
l’interesse per la tecnologia, considerata fonte “di
informazione e di comunicazione”, “grande opportunità” per la scuola
e l’attenzione riposta per i grandi problemi
dell’attuale “condizione dell’uomo planetario” a
cui la Bozza
riserva ampio trattamento, mi meraviglia l’assenza, quasi totale dell’attenzione
verso quei piccoli problemi che affliggono nella
quotidianità la vita dei bambini di oggi, vale a dire: stili di vita
inappropriati, mancanza di valori, consumismo sfrenato, iperstimolazioni
sensoriali, cattiva alimentazione, educazione sessuale,
ecc.
Non è che questo ampliamento di orizzonti, a livello
mondiale previsto nella Bozza, ci farà perdere di vista la realtà di tutti i
giorni che ci è disperatamente davanti gli occhi?
Insomma, la conoscenza del
mondo avviene dopo la conoscenza di sé ed è da qui che bisognerebbe partire, a
mio avviso, ma io nel documento noto pochissimi accenni ai problemi reali e
personali dei nostri utenti pur
considerati ora a maggiore rischio di “fragilità”.
Mi chiedo:
-Tra i redattori del documento almeno uno psicologo si è pronunciato?
E se si, perché ha lasciato che si invitassero i
docenti della Scuola d’Infanzia a iniziare i bambini alla pratica digitale
anziché insistere sul racconto orale delle fiabe, che stimolandone
l’immaginazione, li avvierebbe alla conquista di un pensiero più originale, come
poi è specificamente richiesto per la Scuola Primaria , che di
sicuro, per quanto se ne dica, ha meno tempo per gli insegnamenti
informali?
Nel complesso, secondo me,
il documento riflette, a mo’ di specchio, la confusione che stiamo vivendo in
Italia: gli autori sembrano più interessati alla situazione politica dell’Europa
che non a quella psico-pedagogica della scuola reale del proprio paese e per
questo, con proclami accattivanti, barcamenandosi tra le richieste europee da
una parte e il rispetto delle istanze sancite dall’autonomia scolastica
dall’altra, finiscono con il mantenersi
sempre troppo sul vago, per non inimicarsi né gli uni né gli altri e, così
facendo, dicono tanto per non dire niente e di fatti demandano il “tutto” alle
Scuole.
Dunque, a mio parere,
puntando sulla libertà di insegnamento, sull’autonomia funzionale e sulla
professionalità dell’organico, i nostri politici scaricano ancora una volta le
loro responsabilità civili ed educative sulla scuola, sovraccaricandole oltre
modo di funzioni e compiti che non le spettano del tutto, e trasformano
improvvisamente i suoi operatori, ritenuti fino a poco tempo fa “fannulloni”, in
colonne portanti del sistema scolastico nonché in “tuttologi” capaci di fronteggiare da soli, e
in condizione di scarse risorse umane e materiali, la mole del lavoro da loro
indicata e decantata.
Sono chiamati in causa
soprattutto i Dirigenti e i Docenti.
Sono difatti i Docenti che
guidati saggiamente dai Dirigenti, devono definire i curricoli, progettare il
lavoro didattico, definire obiettivi e competenze, valutare, integrare e, in
presenza di alunni affetti da “fragilità” o certificati DSA, stilare PDP e
provvedere con gli opportuni strumenti
compensativi.
E che importa se in tali
situazioni anche le ore di sostegno rischiano di essere ridotte?
L’importante è che il
bambino diversamente abile o in difficoltà stia a scuola e non venga mandato
via, nelle ore di assenza del sostegno; che venga sempre tenuto al centro dell’attenzione,
come ben precisa la
Bozza , altrimenti l’opinione pubblica potrebbe
risentirsene.
Egli deve sempre essere al
centro della proposta educativa della scuola, a prescindere dalla numerosità dei
compagni e dagli impegni di classe:
è in questa scuola che deve
crescere e apprendere con i compagni e
con il docente che si ritrova;
è qui che, trova, in
assenza dell’insegnante di sostegno, il docente di classe che, per sua fortuna,
insegna tutto, e tutto sa fare, perché, nei ritagli di tempo, ha approfondito lo
studio delle “disabilità” che ora non confonde più con le “diversità” o peggio
ancora, con le “fragilità”;
è qui che si risolverà il
suo sacrosanto diritto allo studio, riconosciutogli dalla normativa vigente (e
penso tristemente all’art 3 della nostra Carta Costituzionale).
Agendo in questo modo,
secondo il pensiero umano e costruttivo dei nostri esperti redattori della
Bozza, i vantaggi formativi per lui e per i compagni di classe sono assicurati.
Infatti, si risolvono, nello stesso
tempo e in economia di interventi, più problematiche: al bambino in difficoltà
viene riconosciuta la “centralità del suo essere” e nel contempo, si dà la
possibilità al suo docente di classe di promuovere azioni di socializzazione e
di integrazione all’interno dell’aula in modo che gli alunni sperimentino la
gioia della convivenza e del sovraffollamento e imparino a proiettarsi in una
dimensione sociale più ampia e più complessa e ciò foggerà la loro futura
essenza di cittadini italiani, o meglio di cittadini europei, anzi “pardon” del
mondo, a dirla con le Indicazioni: “La scuola raccoglie con successo una sfida
universale, di apertura verso il mondo, di pratica dell’uguaglianza nel
riconoscimento delle differenze”!!!
E così operando, siamo
tutti d’accordo per il nuovo Umanesimo…
Ottimi ideali, belle
parole, bei proclami, ma lo spirito di fondo è sempre lo stesso:
-Armiamoci e
partite!!!
Docente: Anna
Guarracino
Questo articolo è stato pubblicato anche sul
"Education 2.0" al seguente link:
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