Quando
l’aiuto ti viene di notte…
dal
profondo del tuo essere.
Camminavo lungo un
sentiero spianato che costeggiava la riva del mare. Guardavo l’ acqua agitata
che, sospinta dal vento, si infrangeva con forza sugli scogli e attenta ne
ascoltavo il fragore.
Mi divertiva quel
continuo spumeggiare delle onde sulla spiaggia e mi affascinava quel mare dalle
acque tempestose.
Andavo avanti
serena, senza distogliere lo sguardo da tanta meraviglia.
Ero felice di
trovarmi in quel luogo e mi sentivo quasi privilegiata perchè non a tutti è data
la possibilità di godere della bellezza di ambienti naturali così incantevoli,
così incontaminati!
Ma, man mano, che
avanzavo mi accorgevo che il sentiero si stringeva e si inarcava, alternando
tratti in discesa e altri in salita, e così divenne più faticosa la mia
passeggiata.
Ma la stupore fu
grande un po’ più avanti, quando all’improvviso la strada finì ai piedi di una
alta montagna.
Come andare avanti?
Guardai
esterrefatta la roccia arida e intravidi
tra le pareti del monte un varco per il prosieguo: era appena tracciato, ripido
e accidentato. Non avevo scelta: se volevo continuare il cammino, dovevo
necessariamente arrampicarmi.
Lo feci e, benché
in salita, riuscì a percorrere un buon tratto di via scavato in quella roccia
ciottolosa.
Mi inerpicavo a
fatica, ma senza indugi, fin quando la via, già stretta, si assottigliò
ulteriormente, a mo’ di asse che, come un sottile ponte, si collegava ad una
montagna adiacente lasciando intravedere il baratro sottostante.
Mi affacciai
incuriosita e vidi di sotto di nuovo il mare.
Ora però quelle sue
acque agitate che guardavo dall’alto, non mi attraevano
più.
Un brivido mi
scosse... per la prima volta, il mare mi faceva paura e anche il frastuono delle
sue onde ora mi spaventava.
Volevo andare
avanti, ma rischiavo di perdere l’equilibrio camminando su quello spazio così
ristretto: rischiavo di precipitare giù...di cadere in mare.
Ci provai e,
messami seduta su quella specie di asse, a cavalcioni, con le gambe divaricate e
penzolanti nel vuoto, cercai di sospingermi con le braccia compiendo piccoli
avanzamenti.
Pochi centimetri
avanti e mi fermai atterrita: non avevo il coraggio di
proseguire.
Terrorizzata,
guardavo in giù, consapevole del fatto che, per la prima volta in vita mia,
stavo per arrendermi.
Guardai indietro,
ma la strada non c’era più: ero in bilico tra un avanzamento difficile e un
ritorno impossibile.
Che
fare?
Ferma lì dov’ero
arrivata a fatica, aspettavo un qualche aiuto, ma ero sola, come sin dall’inizio
della passeggiata.
Attesi invano per
diverso tempo, sospesa sul quel baratro.
Impietrita stavo
lì, inerme senza agire.
Poi... un sussulto
brusco e mi destai.
Aperto gli occhi,
compresi subito che il tutto era stato un sogno.
Un sogno
significativo perché mi rimandava alla mia realtà del momento e mi invitava
ad agire suggerendomi: -Vai avanti... non ti fermare!
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