Era un bel giorno di primavera e io scorrazzavo felicissima per le strade del paese con la mia potente moto sportiva, appena comprata.
L’avevo desiderata fin da quando ero giovane, ma, per i costi alti, mi ero sempre accontentata di moto più economiche, di media cilindrata.
E ora che finalmente la possedevo, correvo spensierata per le vie principali dei Colli, godendo dell’ebbrezza del vento che mi accarezzava il viso e mi scompigliava i capelli e ammirando il cielo terso, privo di nuvole.
Non indossavo il casco e mi sentivo del tutto libera e soddisfatta.
Durante questa scorrazzata, intravidi un amico che aveva, e ha tuttora, in comune con me la passione per le due ruote e lo salutai, ma, siccome ero in velocità sostenuta, non feci in tempo a decelerare e passai oltre, contenta di averlo incontrato e di avergli fatto vedere, seppur in corsa, la mia nuova moto.
Procedevo in avanti speditamente guidando con sicurezza e non mancavo di lanciare uno sguardo curioso al paesaggio che mi sfrecciava davanti agli occhi.
Correndo, sempre all’impazzata, senza una meta precisa, mi ritrovai ben presto in cima a una montagna da cui si poteva ammirare uno stupendo panorama.
Salendo ancora più su, mi trovai nella parte più alta e guardandomi intorno mi sembrava di essere al di sopra delle nuvole dalle quali s’intravedevano i cocuzzoli di altre montagne.
Non potevo più proseguire e qui, estasiata più che stanca, sostai più a lungo. Poi decisi di scendere e, girata la moto, guardai in basso, ma stranamente non vidi più la strada che mi aveva condotto sulla vetta: s’intravedeva solo una lunga e scoscesa rupe, irta e difficoltosa, con tratti a gradoni alti e altri comunque impervi, tanto da non poterla percorrere con la moto.
Perplessa mi chiesi: -Ma come ho fatto ad arrivare quassù con la mia moto? Come farò ora a discendere?
Mi angosciava il non capire e, soprattutto, il non sapere come tornare indietro, come affrontare quella discesa, giacché ero pienamente conscia del fatto che non potevo ritornare con la moto e che avrei dovuto lasciarla lì, sulla cima della montagna.
Fui colta da un senso d’inquietudine che contrastava con le emozioni prima provate e mi sentii persa.
Il tutto però durò per un breve lasso di tempo, perché, proprio mentre riflettevo sul come tornare indietro, mi svegliai.
E ancora, inebriata dalla gioia onirica e confusa dall’accaduto, cercavo disperatamente una risposta agli interrogativi postimi, senza trovarla.
E tuttora sto pensando a come avrei fatto a scendere da lassù e ancora non trovo alcuna soluzione.
Un dubbio mi assilla: -E se il ritorno indietro non fosse stato più possibile?
Anna Guarracino
Da “Racconto i miei sogni”