26 dicembre 2022: E, in alto, una stella luminosa...
Dire che è bello e straordinario, significativo e completo, è dire poco o quasi niente: parlo del presepe fatto quest’anno nella nostra chiesa della Natività di Maria Vergine dei Colli di Fontanelle.
Ancora una volta, don Antonino De Maio e i suoi collaboratori ci hanno stupito.
Non che non ce lo aspettassimo! Sono anni ormai che a Natale ci imbattiamo in insolite rappresentazioni della Natività... sempre diverse, sempre originali, sempre pieni di significati simbolici, allegorici e metaforici, che ci inducono alla riflessione sull’evento sacro.
Di certo quest’anno non ci aspettavamo di esserci tutti noi, al posto dei pastori!
Sì, ci siamo noi tutti, con il nostro carico di sofferenze e di consolazioni, con i nostri dolori e con le nostre gioie.
Il presepe che ci rappresenta si configura come una struttura compatta di una bellezza sbalorditiva, raffinata ed elegante, comune a ogni opera d’arte, perché di questo si tratta: una creazione artistica che racchiude in sé l’essenza del messaggio evangelico.
Racconta una storia sacra che inizia con una nascita e termina con una risurrezione: è la storia del Figlio di Dio… è la nostra storia.
È la storia di noi credenti, cristiani autentici che, sull’esempio di Gesù, miriamo alla salvezza eterna.
In primo piano risaltano i personaggi della Natività: ci sono Maria e Giuseppe che contemplano il volto luminoso del loro piccolo Gesù, adagiato sulla paglia, appena coperta da un lenzuolo di bianco lino; dietro svetta un grande albero di Natale, adornato con fiori e stelle, quasi a sfatare la credenza in una sua natura profana più che sacra; sullo sfondo davanti ad un sottile velo che simboleggia una scia di luce, troneggia la croce che redime, che salva, che conduce alla vita eterna e infine, in alto, sormonta il tutto una stella luminosa, rivelatrice della luce divina.
È un presepe dedicato dal parroco, don Antonino, alla nostra comunità, colpita in questi ultimi anni da lutti inaspettati, spesso improvvisi e inspiegabili.
Tra questi trapassati, molte giovani vite che hanno lasciato nel dolore famiglie, amici e conoscenti.
Questo è il leitmotiv della rappresentazione di quest’ atipico presepe che si allontana dal cliché dominante volto a inneggiare ad un Natale semplicemente sdolcinato, gioioso e luminoso, pieno di apparenza e privo di sostanza.
C’è voluto coraggio a dire che le luci, come il velo dietro alla croce e la stella in alto, non nascondono le ombre ma servono piuttosto a penetrarle, a illuminarle e a diramarle.
Il velo e la stella ci stanno a ricordare l’Amore di Dio che ha squarciato il cielo per venire ad abitare la nostra umanità condividendone smarrimenti, disagi, dolori e gioie.
Con la sua nascita sulla terra Dio si è rivelato e ci ha indicato il cammino che culmina nel mistero della Pasqua, simboleggiato dalla croce.
Nel progetto divino, il dolore di ognuno di noi diventa dolore gioioso perché non è frutto di punizione ma mezzo di redenzione.
Così intesa la sofferenza sta a ricordarci che “Dio si è fatto uomo per farci come è fatto Lui”: essa avrà il suo riscatto e sarà ampiamente ricompensata nella pienezza dei tempi.
Questo presepe dunque è l’invito a guardare il Natale con occhi diversi per coglierne l’essenziale e ad adottare un diverso stile di vita, più coerente con la fede cristiana.
Di certo, come ha detto papa Francesco solo “In Gesù assaporeremo lo spirito del vero Natale: la bellezza di essere amati da Dio
Anna Guarracino
(Animatore della Cultura e della Comunicazione)
Un Natale da sogno… in un insolito presepe
È atipico il presepe della nostra parrocchia fatto quest’anno in chiesa.
Chi entra e guarda all’altare, coglie immediatamente la presenza della sacra famiglia. Spiccano, difatti, al centro Maria e Giuseppe che, estasiati, guardano amorevolmente il loro neonato, ma poi null’altro: non ci sono pastorelli, né angeli, né casette o sentieri. Nulla del tradizionale presepe.
Chi non ha seguito la Novena di Natale non può capirne il motivo e resta spiazzato di fronte a questa scena e alla presenza tutto intorno alla sacra famiglia di sagome di animali stranamente accostate e sparse ovunque, a destra a sinistra e persino davanti all’altare.
Vien da chiedersi: Come può un lupo stare accanto agli agnelli? Come può il leopardo giacere col capretto? Come possono stare insieme il vitello, il giovane leone e il bestiame ingrassato? E come possono pascolare insieme la vacca e l’orsa con i loro piccoli, mentre il leone mangia lo strame come il bue? E ancora che fa quel neonato sul buco dell’aspide? Come può stendere la mano sul covo del basilisco?
Cha cosa sarà mai tutto questo?
Solo con la lettura delle spiegazioni riportate nel foglio di presentazione dell’opera, è possibile svelare l’arcano: trattasi di un presepe simbolico che rappresenta il sogno di Dio.
Durante la Novena di Natale don Antonino ha trattato il tema del sogno, attraverso la lettura e le riflessioni del racconto della “Storia di una gabbianella e di un gatto che le insegnò a volare” che finisce con la realizzazione del desiderio di Zorba che era quello di far volare la gabbianella.
I sogni sono desideri che con volontà e impegno possono realizzarsi, ma “Vola davvero solo chi osa farlo”e di questo si continua a parlare in questo presepe.
Oggi, più che mai, abbiamo bisogno di sognare, di pensare in positivo, di favorire la pace e la serenità.
Nel foglio di presentazione si legge: -Quest’ anno vorremmo regalarvi un Natale da sogno, un Natale che porti desiderio di pace, che faccia sognare un mondo migliore in cui ognuno possa ritrovare nuovo entusiasmo e nuovo slancio verso un futuro che ancora possiamo desiderare e realizzare.
“Sono sempre i sogni a dare forma al mondo” ci siamo detti, durante la novena in preparazione a questo Natale, e, così, nel realizzare le scene rappresentate in chiesa, abbiamo sognato come fece un tempo Isaia.
Le scene rappresentate difatti sono state tratte dal libro del profeta e sono un grande invito alla pace, in un periodo difficile e turbolento, ma in cui si sogna di ritornare alla bellezza e all'armonia di cui il Signore è il custode per tutto il mondo.
Così è specificato nella presentazione: - Non ci sarà più violenza né spargimenti di sangue né da parte degli uomini né da parte degli animali. Il più forte, il più astuto, il più feroce (il leone, la pantera, l’ orso) potrà mettere a disposizione queste proprie caratteristiche, non per far del male, ma al contrario, per aiutare i più fragili e i più deboli, così come il lato oscuro di ognuno di noi può anche generare del bene se usato con spirito solidale, per costruire e non per distruggere. Allo stesso modo i più fragili, i più indifesi, potranno insegnare ai più forti l’arte della dolcezza e della tenerezza in uno scambio di talenti che ben s’incastrano per un’umanità in cerca di pace, immersa in un’armonia profonda.
Nessuno predomina, ma tutti collaborano per il bene altrui.
Comincia così a essere chiaro il messaggio che viene da questo strano presepe: è un deciso invito a “desiderare e agire, superando i limiti personali, per ricreare un nuovo equilibrio di pace e amore, in famiglia, in comunità, dovunque”.
E cosa c’è di più bello nell’ammirare un presepe se non sentire il desiderio di pace che il Bambino Gesù è venuto a portarci?
Se lo scopo dei presepi di oggi è questo, credo che qui, da noi, ai Colli di Fontanelle, si sia colto nel segno: lontani dalla tradizione pedissequamente vissuta, il fedele è chiamato a riflettere sull’essenzialità della Natività che ci ricorda l’infinito amore di Dio per l’umanità, resisi concreto nell’incarnazione del Figlio venuto tra noi per insegnarci il perdono e per farci pensare seriamente a una vita nuova.
Anna Guarracino
(Animatore della Cultura e della Comunicazione)
12 novembre 2021: Avanti con fiducia!
Sapere quanto sia importante il discernimento comunitario ci aiuta ad avere fede nell’azione dello Spirito Santo che parla a tutti noi, indipendentemente dai nostri meriti, e ci guida verso il bene assoluto: basta saperlo ascoltare.
Questo in sintesi il messaggio lasciatoci dal prof. Giovanni Grandi nell’ultimo incontro per il Sinodo, tenutosi in diocesi.
Sappiamo bene che il Sinodo è un tempo di grazia e dunque non dobbiamo viverlo passivamente, ma dobbiamo averne consapevolezza, coinvolgendoci in prima persona.
Solo così potremo partecipare attivamente a questa opera di innovazione e di cambiamento della Chiesa che, lungi dall’essere radicata in abitudini e tradizioni, si adegua attraverso questo cammino sinodale alle nuove esigenze della nostra attuale società.
Premesso questo, il relatore ci ha indicato degli elementi da considerare per capire e praticare bene il discernimento comunitario che ci deve mettere in condizione di lavorare in gruppo e di ascoltare la nostra interiorità che ci consente di fare esperienza dello Spirito Santo che ci accompagna nella vita.
Si tratta di 4 punti che, se considerati, ci aiutano a progettare il cammino sinodale in comunità:
1- Ansia da risultato;
2- Assenza di profondità;
3- Pregiudizio d’ascolto;
4- Partecipazione attiva tramite confronto aperto, autentico e sincero.
Tutti questi elementi hanno un comune denominatore e cioè l’ascolto.
Non si può pensare al discernimento comunitario se non ci si pone nella condizione dell’ascolto che deve partire da un breve incontro di silenzio, di meditazione e di preghiera rivolta allo Spirito affinché “ravvivi in noi tutti i doni ricevuti e ci dia un cuore nuovo… un cuore puro… un cuore grande… un cuore forte e capace di amare tutti”, come già invocava San Paolo VI.
Questa disposizione ci fa capire che a nulla serve l’ansia del risultato perché non deve prevalere la nostra volontà bensì quella dello Spirito che ci accompagna. Quindi ognuno deve esprimere ciò che sente, in piena libertà, ben sapendo che lo Spirito soffia dove vuole e si fa sentire da tutti.
Dobbiamo liberarci dalle ansie di prestazione, dai condizionamenti, dai pregiudizi e dalle nostre precedenti convinzioni sapendo che ognuno di noi è importante per Dio e tutti noi possiamo dare un personale contributo alla ricerca del risultato se ci poniamo al servizio della comunità, senza pretese o ambizioni, senza voglia di sopraffare o di emergere.
Suor Nathalie Becquart direbbe- “Tutti sulla stessa barca remando all’unisono”.
L’importante è sapersi ascoltare per seguire la voce interiore di Dio e poi esprimerla nel gruppo, in piena libertà, senza paura e senza remora, per aprirsi ad un confronto autentico, aperto e schietto.
Seguirà poi l’elaborazione dei contenuti raccolti in un diverso microgruppo di lavoro e alla fine si arriverà alla condivisione della scelta.
Per la buona riuscita del processo attivato il prof. G. Grandi ha consigliato l’importante prassi dell’annotazione del proprio pensiero su un foglio e quindi ha ribadito l’importanza della scrittura che può essenzializzare un discorso tramite le parole “chiave” che vanno riportate sul foglio per una riesposizione breve e coincisa.
Un’altra strategia buona nella conduzione dell’attività di gruppo è il ricorso alla figura di un facilitatore che riesca a fare da moderatore nella fase del confronto e sia capace poi di riepilogare i contenuti espressi durante la trattazione dell’argomento scelto.
Alla fine dell’incontro, consapevoli del fatto che ognuno può abitare la propria interiorità con il Signore che accompagna tutti, ci siamo sentiti fortificati e incoraggiati perché abbiamo compreso che tutti possiamo affrontare il cammino sinodale, insieme e uniti, nella certezza che la Chiesa andrà avanti, spedita e attiva; riuscirà a superare gli ostacoli che incontra, adattandosi ai tempi e ai bisogni dei cristiani.
Insomma, “Insieme si può”, a dirla con Morandi-Ruggieri-Tozzi: bisogna intraprendere il viaggio, senza reticenze, remando insieme per raggiungere nuovi approdi.
E qui mi torna in mente anche il viandante di Antonio Machado: per lui non c’è una strada già tracciata… lui va avanti fiducioso perché sa che “il cammino si fa andando”.
Anche in questo caso si parla di un itinerario spirituale, come il cammino sinodale, che non ha soltanto una dimensione fisica ma anche una dimensione interiore.
E sarà proprio questa interiorità a spingerci in avanti con fiducia.
Da qui l’augurio di un buon cammino a tutti!
Anna Guarracino
(Animatore della Cultura e della Comunicazione)
23 ottobre 2021
Il sinodo: una sfida più all’umanità che alla Chiesa
Il sinodo: sarà un percorso rischioso? A questa domanda ha risposto il relatore, prof. Giuseppe Savagnone, nel secondo incontro di preparazione al sinodo apertosi ad ottobre in tutte le nostre Parrocchie.
Il prof. Savagnone si è soffermato sulle difficoltà di questo cammino nel momento storico in cui viviamo e, in particolare, sui pericoli, visti come venti che alimentano la tempesta, che possono causare il naufragio della barca sulla quale suor Nathalie Becquart, nell’incontro precedente, ci invitava a salire.
Da qui la sfida: saprà la Chiesa italiana rimettere in discussione se stessa?
Di certo quella del sinodo sarà una strada da percorrere tutti insieme: clero, laici, battezzati e non; sarà un cammino da fare tutti insieme e non a cuor leggero, ma con la piena consapevolezza delle difficoltà da considerare e da affrontare.
Intanto bisogna partire con la voglia di promuovere un vero cambiamento nel modo di vivere la nostra umanità, oltre la propria cristianità: trattasi di una nuova conversione personale e comunitaria capace di farci guardare la realtà quotidiana con gli occhi di Dio, vale a dire in modo più spirituale, contro la tendenza dominante del vivere senza Dio.
Prima di intraprendere il viaggio dobbiamo interrogarci sul nostro attuale ruolo nella comunità in cui viviamo e farci un vero esame di coscienza. Gli interrogativi pressanti sono: Stiamo camminando insieme nella Chiesa di oggi? Quali difficoltà abbiamo incontrato? Quali sono le prospettive da cambiare e quali da confermare?
Sappiamo che per procedere sulla strada cristiana del Sinodo dobbiamo raggiungere tre tappe essenziali: quella della Comunione, della Partecipazione e della Missione: se non le conseguiremo tutte non arriveremo alla meta.
La Comunione ci fa procedere insieme, con il supporto della meditazione delle Sacre Scritture, della Liturgia della Parola nonché della Preghiera per sentire la voce dello Spirito Santo che così irrompe nella nostra vita e ci aiuta nel cammino.
La Partecipazione ci spinge a metterci in gioco, a prenderci le nostre responsabilità in comunità: non si può camminare con altri senza considerarli parte di sé, ossia fratelli in fede.
La Missione ci induce a camminare indossando sempre i panni della santità sia in famiglia che in comunità, sia sul lavoro che in società, per vivere sempre e ovunque l’essenza della nostra fede.
Purtroppo spesso tanti cristiani solo fedeli in chiesa e profani fuori da essa: manca talvolta la coerenza di comportamento.
Questa incoerenza caratterizza i pericoli che ostacolano il percorso sulla strada cristiana: trattasi dei venti che alimentano la tempesta che non permette la serena navigazione della barca in mezzo al mare.
Essi sono il formalismo, l’intellettualismo e l’immobilismo.
Contro questi venti pericolosi dobbiamo lottare se vogliamo arrivare al traguardo.
Come farlo? Dobbiamo necessariamente mettere in discussione il passato per rileggerlo e adeguarlo al presente in prospettiva di un futuro più coerente allo stile di vita umana e cristiana, senza paura e senza remore.
Ora, più che mai, dobbiamo attivarci per rinnovarci condividendo il pensiero di Karl Rahner che in occasione del Concilio Vaticano II, disse: “Amo il rischio perché il rischio è più sicuro”.
Si, il rischio di questa nuova sfida, promossa da Papa Francesco, è più sicuro del relativismo storico dei nostri giorni che sta portando alla sfiducia totale negli uomini, valutati incapaci di farsi domande e considerati come “merce” da usare a proprio piacimento cosicché essi da esseri pensanti, perché dotati di intelligenza, sono ridotti a esseri consumanti.
Questa corrente di pensiero sta rafforzando, sempre più prepotentemente, il paradigma finanziario che vede la supremazia del più forte sul debole.
Quindi, occorre invertire questa sciagurata tendenza dando più spazio all’ascolto, al dialogo e alla formazione cristiana.
L’ascolto ci serve per comprendere i nuovi bisogni di questa nostra complessa società e per sentire chi è lontano, chi è isolato, chi vive in periferia; il dialogo ci sostiene nella comunicazione, ci facilita la relazione e ci permette di capire meglio il nostro interlocutore in quanto ci pone sullo stesso piano, al di là dei ruoli che si ricoprono nella società, e, infine, la formazione cristiana ci aiuta a confrontarci, in modo libero e costruttivo, per favorire l’arricchimento personale e la crescita comunitaria, combattendo incoerenze, tradizionalismi, convenzionalismi e intellettualismi.
Questo in definitiva è quanto ci chiede Papa Francesco con il sinodo: metterci in discussione e in ascolto per vivere pienamente la sinodalità.
Quest’invito è rivolto dal Papa a tutto il popolo di Dio, senza esclusione di nessuno: ognuno di noi deve mettersi in cammino… ognuno deve salire su questa barca e remare insieme agli altri per permetterle di arrivare in porto.
Da questo dipenderà la riuscita o il fallimento di questo sinodo.
Anna Guarracino
(Animatore della Cultura e della Comunicazione)
18 settembre 2021:
Sinodo sulla sinodalità 2021- 2023
Un punto di svolta in un tempo difficile per la società e per la chiesa ci arriva con il sinodo dei vescovi, promosso da papa Francesco.
Sarà biennale: inizia a ottobre 2021 e si concluderà nel 2023.
Non trattasi di una semplice convocazione per la disamina della situazione storica attuale, ma di un vero processo che investirà la Chiesa tutta, partendo dal basso, cioè da chi spesso non ha voce ed è irraggiungibile, perché abita la periferia e/o si trova in situazione di emarginazione.
Richiederà al popolo di Dio “Comunione, partecipazione e missione” (questo è il titolo del sinodo sulla sinodalità).
Dal titolo e dal logo ideato per l’evento si comprende bene il significato del percorso: il titolo sintetizza le azioni richieste, mentre il logo le esplicita graficamente evidenziandone la forza motrice che non risiede nell’uomo ma nello Spirito Santo.
Suor Nathalie Becquart che ci ha presentato il programma previsto dalla Chiesa per questo sinodo, lo ha definito come un tempo di grazia, di conversione, di nuovi entusiasmi e di nuovi sogni, fatti con gli occhi di Dio.
La chiesa si porrà in ascolto e seguendo la Parola, spinta dallo Spirito, si incamminerà verso nuovi traguardi.
Per meglio far capire questo cammino che investirà tutti e non solo gli ecclesiastici, la Suora relatrice, fervente promotrice di questo cambiamento, lo ha spiegato ricorrendo alla metafora di un popolo che sta sulla stessa barca e, remando tutto insieme, avanza verso l’altra riva.
Andando a esaminare la metafora si comprendono bene i principi che animano la rotta: si sta tutti insieme e cioè ognuno ha un proprio ruolo e ognuno deve contribuire, in base alle proprie capacità, all’avanzamento della barca. Non c’è differenziazione tra poteri o ruoli e neppure c’è discriminazione di sesso, di etnia, di condizione, ecc: tutti agiscono, coralmente insieme, in cammino.
In quest’ottica si ravvisano due significative novità che indicano cambiamento, apertura e innovazione della Chiesa, contro il tradizionale centralismo romano: da una parte si ravvede la valorizzazione della donna all’interno della Chiesa e Suor Nathalie Becquart ne è un esempio, essendo lei la prima donna religiosa a ricoprire un ruolo importante, all’interno dell’organizzazione ecclesiale, prima inaccessibile alle donne: è difatti sottosegretaria al Sinodo dei vescovi; dall’altra si prefigura un ampliamento del concetto di collegialità episcopale che considera il dinamismo delle chiese locali e si apre a tutto il popolo di Dio.
Si archivia così il precedente clericalismo a favore del protagonismo laicale.
Sono questi segni di modernità di una Chiesa che non si ferma alla tradizione, ma fedele alla Parola di Dio, va avanti e si rinnova, sotto la continua e fervida azione dello Spirito Santo.
Per quanto riguarda il programma del sinodo, suor Nathalie ci ha illustrato le tre tappe previste per il processo e i dieci nuclei tematici considerati, sintetizzati in un vademecum preparato per i fedeli che presto sarà diffuso nelle parrocchie diocesane.
Suggestiva è stata l’immagine che la relatrice ha evocato per indicare questa svolta della Chiesa: è il popolo di Dio che danza insieme, sospinto dal soffio dello Spirito Santo.
Dunque la Chiesa non ha futuro se non diventa sinodale.
A noi, che abbiamo ascoltato con tanta attenzione e con tanta speranza, ora non ci resta che augurare a tutti un buon cammino cristiano, alla luce di queste nuove indicazioni.
Anna Guarracino
(Animatore della Cultura e della Comunicazione)
luglio 2020: Panorami per l'anima
In cerca di Dio
Colli
di Fontanelle. Eravamo in tanti l’altra sera ad ammirare lo
scenario naturale mozzafiato che si intravede dal giardino della
nostra parrocchia che si affaccia sul golfo di Salerno ed è posto
davanti ai monti Lattari che sovrastano Positano e fanno da sfondo
ai vicini Colli di San Pietro.
L’incontro,
promosso dalle tre parrocchie confinanti dei Colli di Fontanelle, di
Mortora e della Trinità, rientrava nel progetto “Panorami per
l’anima” finalizzato a stimolare la riflessione sul nostro
rapporto con Dio che richiede continuità e va alimentato con
costanza.
Dunque
ci siamo riuniti all’imbrunire della sera, allorquando il colore
del cielo si confonde con quello del mare, per ritrovarci, per
metterci in relazione, in meditazione e in preghiera cercando il
contatto diretto con Dio in un luogo panoramico suggestivo,
retrostante la Chiesa, dove regna sovrano il silenzio interrotto solo
dalle canto delle colombe e dal suono vibrante delle ali dei
pipistrelli che svolazzano nell’aria in cerca di cibo.
Ci
hanno supportato nella meditazione gli interventi di don Tonino De
Maio, don Rito Maresca e don Antonio Parlato.
Così,
allietati anche dal suono del violino e della pianola, abbiamo
ascoltato canti liturgici, brani biblici ed evangelici con relativi
commenti, focalizzati sull'importanza del giardino come luogo aperto,
idoneo a favorire il dialogo con Dio.
Ci
sono stati presentati tre esempi di giardini, luoghi all'aperto, che
hanno attestato l'Amore di Dio per noi e cioè l'Eden (Gen. 2.8-18),
l'Orto di Getsemani (Mc 14.32-42) e il luogo del Sepolcro (Gv.
20,11-18).
In
tutti questi luoghi è stato possibile avvertire la presenza di Dio,
volta a salvare l'uomo per guadagnarlo alla vita eterna.
L'incontro
è terminato con l'invocazione allo Spirito Santo affinché in questo
tempo complesso, aggravato dalla pandemia del covid19, possa ancora
"parlarci
con accenti di speranza"
e possa aiutarci a salvaguardare le bellezze naturali di questo
nostro mondo martoriato dalle innumerevoli "ferite
che l'egoismo sfrenato degli uomini gli ha provocato",
a dirlo con le parole di don Tonino Bello.
Alla
fine, abbiamo ben compreso che solo con la piena consapevolezza delle
nostre debolezze, dei nostri sbagli e dei nostri limiti, possiamo
pensare ad un risveglio di fede che ci riavvicina a Dio e ci faccia
agire come Lui desidera ovvero come suoi figli prediletti ossia
uomini di pace che, superando gli egoismi individuali, si prendono
cura degli altri a loro affidati e dell'ambiente che li circonda,
perché da solo nessuno si salva.
Mai
come in questo periodo, caratterizzato dalla necessità del
distanziamento, dalla diffidenza e dalla paura del contatto fisico,
dobbiamo ritornare a vedere nel prossimo, nell’altro, il fratello
a cui tendere la mano.
Il
tutto sta a ricordarci che Dio c'è, come sempre, e risponde a tutti
quelli che lo cercano perché ci ama, anzi perché ci ha amato per
prima, come attestano i testi sacri considerati.
A
noi ora il compito di invocarlo, di incontrarlo e di affidarci al suo
Amore.
Anna Guarracino
(Animatore della Comunicazione e della Cultura)
Dicembre 2019: È nato un Bambino!
-Tra prima e dopo c’è di mezzo la riflessione-
La
stella cometa si è fermata in collina: brilla sulla chiesa dei Colli
di Fontanelle e fa luce non su una grotta ma su una cava. Questa è
la fedele riproduzione della “Cava della Madonnina” della
“Cascara” in via Nastro azzurro (trattasi di un incavo posto alla
base della montagna della Malacoccola). E’ facilmente riconoscibile
ma l’insolito sta nel fatto che accoglie la “Sacra Famiglia”.
Così
don Tonino De Maio e i suoi collaboratori hanno rappresentato il
presepe della Parrocchia di quest’anno.
Ma
la stranezza dell’originale opera non finisce qua: a guardarla a
sinistra c’è un frate e a destra un bambino. La prospettiva della
loro visione è completamente diversa: il primo contempla un
paesaggio di montagna lussureggiante in cui scorre un ruscello dalle
acque cristalline e tutto intorno prosperano alberi rigogliosi,
verdi cespugli e fiori di vario tipo… un vero paradiso terrestre;
il secondo ha davanti a sé una vista analoga ma la montagna è
spoglia; tra le rocce spuntano sterpaglia e ceppi insecchiti e i
pochi alberi presenti sono avvizziti; mancano i fiori e nel rivolo,
che pur c’è, l’acqua è sporca e fa fatica a scorrere dall’alto
perché ostacolata dalla immondizia che ne intralcia il cammino.
Tutto intorno, sparse sul suolo, risaltano buste e bottiglie di
plastica, lattine e rifiuti di ogni genere… un vero squallore.
Il
messaggio è chiaro e univoco… non lascia dubbi neppure al
visitatore più distratto: a confronto c’è San Francesco d’Assisi,
a sinistra (il frate), e il presente, a destra (il bambino)… a
confronto c’è, a sinistra, la bellezza del Creato “Il Cantico
delle Creature” e, a destra, il suo degrado descritto da Papa
Francesco nell’enciclica “Laudato sì”.
Il
frate ricorda il primo presepe ideato dal Santo che lo volle
vivente, a Greggio, in un ambiente naturale, per intuire il vero
spirito del Natale, mentre il bambino rappresenta i nostri tempi in
cui si è poco attenti ai veri valori della vita e alla bellezza
dell’ambiente e spesso si agisce solo per tradizione o per inerzia,
perdendo di vista l’essenziale.
La
rappresentazione del presepe nella chiesa non si limita a questo e
difatti 8 stelle poste ai lati della navata principale ricordano ai
fedeli i versi del Cantico delle Creature, mentre 25 angioletti
consegnano ai presenti le osservazioni del Papa che invita alla
riflessione e all’azione per salvaguardare quello che San Francesco
contemplava ovvero il Creato da apprezzare e non da sfruttare e/o
inquinare.
Che
dire! Solo menti particolari possono arrivare a tanto.
“Lo
scopo dell’opera
- dice don Tonino- è
duplice perché si è voluto rappresentare la Natività e, nel
contempo, si vuol far riflettere sull’economia circolare della
Grazia: Il Creato, dono di Dio, attraverso lo sguardo contemplativo
di colui che diviene custode della “casa comune” e attraverso la
preghiera, ritorna a Dio”.
Di
certo questo non è il solito presepe che si limita alla mera
rappresentazione della Natività del Bambino Gesù, venuto a portarci
la salvezza, ma è anche tant’altro.
Da
una parte esso ci ricorda l’evento prodigioso che ha cambiato il
corso dell’Umanità e dall’altro ci ricorda il nostro ruolo in
questo progetto divino di salvezza: anche noi dobbiamo rinascere a
nuova vita; dobbiamo essere consapevoli della nostra fede e delle
nostre azioni e dobbiamo collaborare, anche attraverso la
contemplazione e la preghiera, perché il Creato preservi le sue
bellezze dall’ingordigia di chi poco ama il suo prossimo.
L’invito
è quello di visitare questo straordinario presepe perché di sicuro
dopo averlo visto non si rimane come prima: la riflessione si farà
strada da sola.
Anna Guarracino
(Animatore della Cultura e della Comunicazione)
Settembre 2019: Vendemmia comunitaria… che emozione!
Un’encomiabile
iniziativa, entusiasmante e coinvolgente, quella ideata da Carmela
Guarracino e realizzata dal parroco, don Antonino De Maio con il
supporto degli operatori della Parrocchia dei Colli di Fontanelle.
Trattasi della
vendemmia comunitaria, eseguita come ai vecchi tempi e pensata per i
bambini dei Colli.
Si è poi
trasformata, in itinere, in manifestazione allargata, aperta a tutti,
dato che hanno chiesto di partecipare anche bambini e adulti di altre
zone.
I partecipanti,
circa 200, si sono radunati nell’ ex-Cava, in via Sant’Agata,
come da programma, per recarsi, attraversando il lungo e arduo
sentiero boschivo delle Pantanelle, nel vigneto, alla Malacoccola,
messo a disposizione di tutti dai proprietari, animatori della
Parrocchia.
Giunti qui, tutti i
presenti si sono improvvisati provetti vignaioli e, impugnate le
cesoie, si sono prodigati nella raccolta dell’uva.
Che spasso vedere
tutti, grandi e piccoli, intenti a lavoro sotto il cocente sole,
madidi di sudore!
Quelli che si sono
divertiti di più sono stati i bambini e i ragazzini che hanno potuto
raccogliere in piena libertà i numerosi grappoli d’uva che
pendevano dalle viti, non disdegnando di tanto i tanto l’assaggio
di qualche succoso acino.
Per molti questa era
la loro prima esperienza di vendemmia in un vero vigneto.
Presto è arrivata
l’attesa pausa della merenda, come da tradizione contadina: fetta
di pane con olio di oliva o con aglio, pomodoro e olio. Anche i più
piccoli, più abituati alle merendine in commercio, hanno gradito
questo cibo, semplice e genuino, tanto che ne hanno chiesto altro. Da
bere ovviamente solo acqua.
Dopo la sosta, tutti
hanno ripreso la raccolta riempiendo tutte le cassette a loro
disposizione: c’era chi tagliava i grappoli, chi metteva l’uva
nell’apposita cassetta e chi la trasportava fuori dal vigneto nel
punto indicato da don Tonino che, intanto, fornito di megafono,
dettagliava il programma, forniva chiarimenti e impartiva
disposizioni.
L’arrivo di un
mulo tirato dal proprietario ha fatto sperare in un impensato, ma
desiderato aiuto nel trasporto delle cassette più pesanti.
Comunque, tra i
filari delle vite, si respirava aria di festa e di allegria:
straripava la gioia dei più piccoli.
Terminata la
raccolta, tutti i partecipanti, attraversando il panoramico sentiero
del Pizzo, sono ritornati alla ex-Cava dove gli animatori avevano
predisposto, anzitempo, tutto l’occorrente per continuare la
vendemmia.
Qui, tutti, seduti
in circolo, hanno seguito la spiegazione dell’agronomo Giuseppe
Coppola sulle diverse fasi del lavoro della vendemmia per arrivare
dalla raccolta dell’uva alla produzione del vino: dalla
preparazione dei recipienti e delle botti, attraverso la lavatura con
acqua calda, aromatizzata con finocchietti selvaggi, alla
tradizionale lavata dei piedi; dalla pigiatura dell’uva con i piedi
alla torchiatura dei raspi e, infine, dalla produzione all’assaggio
del mosto.
Dalla teoria si è
subito passato alla pratica e, a turni, partendo dai più piccoli, i
bambini, lavatisi i piedi, sono entrati nei recipienti pieni d’uva
per la pigiatura.
È inutile
raccontare quanto si siano divertiti!
Sguazzavano nel
mosto sorridendo ed è stato difficile per gli animatori tirarli
fuori da quei contenitori allorquando bisognava trasferire i raspi
nel torchio.
A fine pigiatura e
diraspatura, è seguito il pranzo comunitario preparato, sempre
nell’ottica della sana cucina, dagli organizzatori dell’evento:
pasta al forno, frittata di spaghetti, lasagna con zucca e fagiolata.
Non sono mancati i dolci casarecci come la torta di crema della
nonna. Il tutto accompagnato da buoni vini locali.
A conclusione tutti
i presenti hanno potuto gustare il mosto prodotto, prima del suo
definitivo versamento nelle botti dov’è destinato poi a fermentare
per trasformarsi in vino.
Chi, come me,
ricordava con nostalgia la “vendemmia d’altri tempi”, per un
giorno si è sentito trasportato nel passato e ha rivissuto gli stati
d’animo della propria infanzia: la spensieratezza della giovane
età, la gioia e lo svago; ha ritrovato la voglia di vivere a
contatto della natura, di girovagare per i campi, di divertirsi con
poco; ha percepito i profumi e i sapori del passato nell’odore
delle foglie e dei grappoli delle viti, appena recisi, e
nell’assaggio dei succulenti acini d’uva.
Personalmente, ho
anche gioito e condiviso l’entusiasmo dei bambini che con stupore
si sono fermati ad osservare dettagli che sfuggivamo ai più, come un
piccolo ragno intento a tessere la propria ragnatela, un fiore
sbocciato nel prato, una mora tra i rovi, i raggi del sole che
filtravano tra i rami degli alberi…
Nel ruolo che mi
compete di animatore della Comunicazione e della Cultura, ho cercato
di “ricordare” questa stupenda esperienza comunitaria nel
racconto dell’evento e nei numerosi scatti, spesso fatti su
richiesta, pubblicati sul sito della nostra Parrocchia al seguente
indirizzo web: http://www.nativitadimariavergine.it
Di certo, esperienze
così andrebbero favorite e ripetute nel tempo perché caratterizzano
il vero spirito di solidarietà e di condivisione di una comunità
cristiana in cammino.
Anna Guarracino
Agosto 2019: Comunità in cammino
Gli incontri delle
preghiere itineranti si sono conclusi ieri con il raduno dei fedeli
presso la nostra Parrocchia dei Colli di Fontanelle.
Eravamo davvero in
tanti nel cortile, dietro alla Chiesa. Abbiamo dovuto aggiungere
sedie e panche per far sedere tutti perché i presenti erano più di
quanto previsto.
Anche la serata è
stata più coinvolgente che mai.
Tirava una brezza
leggera che, a mo’ di condizionatore naturale, ci ha ventilato per
tutto il tempo costringendoci a indossare magliette più pesanti,
scialli o foulard, e chi, sfortunatamente ne era sprovvisto, ha
dovuto sopportare, suo malgrado, l’inaspettato freddo in tempo
estivo.
Il cielo che andava
gradualmente ad oscurarsi per l’arrivo del buio notturno, si è
vivacizzato più volte con passaggio in volo degli stormi dei
piccioni che probabilmente a quell’ora si ritiravano nei loro
rifugi: un vero spettacolo della natura!
Dopo il
raccoglimento, ha preso la parola don Antonino De Maio e ci ha
invitato alla meditazione su alcuni brani evangelici, letti al
momento, e sui quali ha poi basato la sua omelia, interrotta solo da
pause di riflessione e/o di preghiere silenziose.
Ci ha presentato una
Chiesa viva e dinamica, non ripiegata su stessa, avviluppata su riti
e tradizioni del passato, ma pronta e aperta, proiettata al futuro:
pronta perché al passo con i tempi e aperta perché capace di
accoglier il prossimo, senza alcuna remora.
Una chiesa dunque in
cammino, che cambia, si rinnova e si proietta in avanti con più
convincimento, con più forza, sospinta dall’azione, continua e
costante, dello Spirito Santo.
Don Tonino, a mo’
di esempio del vero cristiano, ci ha presentato, sotto un diverso
aspetto, l’apostolo San Pietro che, pur quando scoraggiato e
impaurito, mai si è arreso alla sua missione: lui, fidandosi e
affidandosi completamente a Dio, ha sempre proseguito il suo cammino,
realizzando a pieno il suo progetto di vita.
Noi, cristiani del
nostro tempo, dobbiamo seguirne le orme: dobbiamo lasciarci guidare
da Dio rendendoci strumenti nelle sue mani, così come ha fatto lui.
Per fare questo
dobbiamo necessariamente liberarci dai pregiudizi, dai fardelli
pesanti delle esperienze pregresse, dal nostro stesso modo di pensare
rendendoci disponibili alla chiamata del Signore che talvolta
travolge la nostra stessa esistenza e capovolge le nostre aspettative
spingendoci laddove non pensavamo di andare: lo Spirito divino soffia
e ci porta dove vuole.
A poco serve quindi
appellarci alle tradizioni perché il nuovo non ha radici e la nostra
missione di veri credenti scaturisce solo dalla nostra disponibilità
a realizzarla.
La Chiesa per questo
deve rinnovarsi di continuo perché nuovo è l’assetto sociale e
nuovi sono i bisogni e le esigenze del nostro prossimo: non può
camminare sui sentieri del passato e così anche noi, suoi fedeli.
A questo punto don
Tonino ci ha invitati a guardare l’orizzonte che lui aveva
predisposto ai nostri sguardi allorquando aveva sistemato sedia e
panche: era indefinibile e pertanto ci siamo trovati ad ammirare le
pareti del monte Vico Alvano e in profondità uno squarcio del mare
salernitano… il tutto rimandava a quell’oltre non visibile dalla
nostra posizione.
“Così è la
nostra vita” -ha detto don Tonino- “Non vediamo tutto ma c’è
dell’altro”. Quell’altro dobbiamo scoprirlo e viverlo nella
piena fiducia in Dio: fidandoci e affidandoci completamente
all’azione dello Spirito Santo, così come ha fatto San Pietro.
Incisivo e
significativo è stato infine anche il riferimento a San Francesco
d’Assisi, considerato come colui che più si è reso strumento
nelle mani di Dio e che più si è fidato e affidato a Lui, per il
bene dell’umanità.
Lui osò chiedere a
Dio Padre l’indulgenza per tutti i cristiani, peccatori pentiti,
perché non c’è fede forte che non consideri gli altri ovvero il
prossimo.
Nessuno si salva da
solo, pregando per se stesso: è nell’incontro con gli altri che
troviamo la vera salvezza.
Di qui l’invito ad
uscire dal chiuso delle nostre sicurezze e delle nostre certezze per
avventurarci, oltre l’orizzonte, per strade ignote e talvolta
scomode, sospinti solo dalla fiducia nell’azione di Colui che tanto
ci ama.
Solo così, liberi
dalle nostre infrastrutture mentali, possiamo realizzare a pieno la
nostra missione di credenti nella Parola di Dio e possiamo
partecipare al mandato di evangelizzazione della Chiesa in cammino.
A fine meditazione
abbiamo pregato, chi in silenzio e chi a voce alta.
Di certo tutti
abbiamo compreso che un vero cristiano è un fedele convinto e non un
mero esecutore passivo di comandi, precetti e preghiere.
L’incontro è
terminato con un momento di ristoro e così abbiamo ancora una volta
sperimentato la gioia dello stare insieme, uniti come fratelli di
fede e come credenti in cammino.
Un grazie
particolare va, soprattutto da parte mia, a don Tonino e agli
organizzatori che con tanto amore mettono il loro tempo a
disposizione della Comunità.
Animatore della
comunicazione e della cultura
Anna Guarracino
Gennaio 2019: Altra agorà
-Sito parrocchia “www.nativitadimariavergine.it”, Colli di Fontanelle-
Finalmente anche
noi, piccola comunità parrocchiale dei Colli di Fontanelle,
accogliendo l’invito di Papa Francesco, attiviamo il sito web per
aprirci al mondo e raggiungere quelle “periferie esistenziali”,
spesso non scorgibili percorrendo le strade tradizionali!
Ci apriamo a un
nuovo dialogo, condotto in rete, con gli strumenti digitali, per
farci meglio conoscere da chi, per svariate ragioni, non riesce a
raggiungerci in sede; per diffondere, a lungo raggio, il messaggio
evangelico facendolo arrivare al cuore di tutti e per spalancare
altre porte a chi è “nel bisogno” e “ha bisogno” di
supporto materiale o sostegno morale e spirituale.
Ci unisce la
consapevolezza che siamo una comunità, intesa come una grande
famiglia fatta di famiglie, che tende a far crescere il senso di
appartenenza nonché a rafforzare la propria identità religiosa
vivendo il Vangelo nella vita quotidiana, stimolati dalle riflessioni
del Santo Padre, e sapientemente guidati dal nostro sacerdote, don
Antonino De Maio.
Vogliamo interagire
con il mondo in rete per viverlo come un’altra agorà, dove
incontrarci significherà arricchirci reciprocamente e per questo
informeremo sugli orari delle celebrazioni eucaristiche e sugli
incontri promossi per dare la possibilità a tutti di partecipare;
pubblicheremo le date degli eventi organizzati per estenderne gli
inviti ad una platea più ampia di fedeli; socializzeremo le attività
e le iniziative realizzate per condividerne lo spirito comunitario;
lanceremo idee e iniziative per favorire confronto e scambio, in
vista di possibili “incontri ravvicinati” o, addirittura,
“gemellaggi”; documenteremo, con note, foto e video, le
esperienze vissute in Parrocchia per arricchire la memoria storica e
promuoverne il ricordo perché nulla vada aridamente perso
nell’oblio, favorito dal succedersi dei giorni frenetici dei nostri
attuali tempi che sovraccaricano la mente di stimoli effimeri che non
lasciano traccia di sé, a dirla con il Ferrarotti.
Per fare tutto
questo agiremo in sinergia con tutti coloro che operano nella chiesa:
Parroco, Consiglio Pastorale, animatori, catechisti, referenti e
altri, senza escludere chicchessia.
Inoltre, attraverso
gli strumenti di interattività, come l’e-mail della Parrocchia,
inserita nella pagina dei contatti, tutti potranno intervenire con
richieste, proposte o invii di materiali da caricare e pubblicare sul
sito.
Con questo spirito,
iniziamo questo nostro impegnativo ed entusiasmante viaggio nel mondo
virtuale delle telecomunicazioni. Seguiteci in tanti!!!
Staff-Pweb/Colli
Referente: Anna Guarracino
Novembre 2018: Luoghi di pace… per ore serene
-Santa Rita da Cascia: “Tucta allui se diete”-
Questo pellegrinaggio è stato
da noi desiderato, sentito e ben vissuto.
Partiti di buon’ora abbiamo
raggiunto in prima mattinata Roccaporena, in Umbria, e qui abbiamo
iniziata la giornata mettendoci in cammino in “Via Crucis”,
passando per l’Orto della rosa. E così, in preghiera, guidati da
don Tonino, abbiamo ricordato Santa Rita che alla passione di Cristo
si legò con la ferita della spina staccatasi dal crocifisso davanti
al quale lei soleva pregare.
Da qui, poi siamo saliti allo
“Scoglio” dove Rita si ritirava nei momenti di maggior sconforto.
La scalata è stata dura
soprattutto per i più piccoli e per quelli affetti da problemi di
deambulazione, ma, come per ogni salita, l’arrivo in cima è stato
vissuto da tutti noi come conquista: qui la stanchezza è stata
soprafatta dallo stupore per il magnifico panorama costituito dalle
alte montagne stagliate contro l’immenso cielo adombrato di nubi
grigie, foriere di piogge.
Il suono della campane del
piccolo campanile che sovrasta la chiesetta, costruita sullo scoglio,
ci ha dato il benvenuto, rallegrandoci la sosta, ma è stato pure un
richiamo alla meditazione, rammentandoci che stavamo su un luogo di
preghiera. In verità già l’altezza dello scoglio (827 m. circa) e
il silenzio, lì imperante, stimolavano la riflessione tanto che
tutti abbiamo pensato alla grandezza di Dio, Creatore di tanta
bellezza naturale. Poi il confronto spontaneo con la nostra realtà
quotidiana ha fatto il resto: Rita aveva capito che il dialogo con
Dio è più forte e più intenso se condotto nel silenzio più
assoluto. Che abisso con il nostro chiassoso mondo moderno!
La discesa è stata più
veloce e a Roccaporena abbiamo visitato la casa natale di Rita, la
chiesa di San Montano dove lei si è sposata e perfino il Lazzaretto
dove trovavano ospitalità i forestieri o venivano ricoverati i
malati in gravi condizioni, in tempi di pestilenze.
Di certo non è stata facile
la vita di questa donna in questo piccolo paese di montagna oppresso
da povertà e malattie, dove non mancavano attriti tra famiglie e
conflitti di interesse nonché sopraffazioni e mortificazioni.
Di pomeriggio, siamo andati a
Cascia e, dopo esserci sistemati negli alberghi prenotati, siamo
saliti al Santuario dedicato alla Santa e qui abbiamo sostato per ore
davanti alla sua tomba: ognuno di noi ha pregato intensamente per le
intenzioni prefissatesi sapendo bene che la Santa dei casi
impossibili non rimane indifferente di fronte a tanta insistenza.
Subito dopo, siamo andati a
visitare il Monastero e qui un frate agostiniano ci ha raccontato in
breve la vita di Santa Rita, prima e dopo il ritiro in convento: l’ha
presentata come donna di pace e di preghiera, come suora obbediente e
scrupolosa, innamorata di Gesù e della sua dolorosa passione.
A riscontro della sua
obbedienza è ancora visibile, nel cortile del convento, la secolare
vite che da stecco rinsecchito, innaffiato per ordine ricevuto dalla
Superiore, riprese vita, tanto che i suoi tralci tuttora
fruttificano, di anno in anno.
Nel museo dello stesso
convento è conservato anche l’antico “Crocifisso del miracolo”
nonché la Cassa Solenne dove venne deposto il corpo incorrotto della
Santa.
A sera, dopo cena, abbiamo
partecipato alla Messa celebrata da don Tonino che ci ha invitato a
riflettere sul nostro essere cristiani in viaggio, con la gioia della
fede.
Come il viandante va per le
vie in cerca della sua strada che lo porta alla meta ed è certo di
trovarla così noi dobbiamo percorrere la strada della fede cogliendo
le indicazioni (i segni) che ci condurranno dal Signore. Don Tonino
ha ribadito poi che tutti siamo chiamati alla santità ma ognuno
arriva alla meta seguendo la propria strada. Quindi i santi sono un
esempio di “santità realizzata” ma non sono emulabili per cui a
nulla servono gli alibi che usiamo nel dire che noi non siamo capaci
di tanta fede come loro.
In definitiva, dobbiamo solo
attivarci con più fiducia e con più consapevolezza nel nostro
personale progetto di vita per poterci santificare: la possibilità è
data a tutti.
Anna Guarracino
19 maggio 2018
Un cammino di gioia
Considerato il mio duplice ruolo di Animatore della Comunicazione e della Cultura e di membro del Consiglio Pastorale della Parrocchia dei Colli di Fontanelle della Natività di Maria Vergine, di Sant’Agnello, non posso esimermi dal compito di raccontare l’esperienza vissuta ieri nell’incontro con Enzo Bianchi, avvenuto nella Cattedrale di Sorrento in presenza del nostro vescovo, don Franco.
Al di là dello spessore culturale e spirituale del fondatore della Comunità di Bose, Enzo Bianchi, mi ha molto colpito il suo discorso sulla vita spirituale del cristiano alla luce delle ultime encicliche “Evangelii gaudium” e “Gaudere et exsultate” di Papa Francesco.
La Cattedrale era gremita di fedeli e, dall’assorto silenzio che regnava nell’ambiente, credo che tutti abbiano provato il mio stesso sentore.
Ha esordito elencando le 4 esortazioni additate dal Papa come fari a cui il vero cristiano deve far riferimento per non smarrire il suo cammino di fede.
Ha poi spiegato le motivazioni che hanno spinto la Chiesa Cattolica a promuovere vero un cambio di rotta nella sua tradizionale pratica che farcita di riti liturgici, precetti e abitudini, ha perso nel tempo forza, coraggio e vivacità, smarrendo il senso di gioia che viene vivendo da veri cristiani sull’esempio del Vangelo. Di qui l’esigenza del risveglio inteso come mutamento ovvero come cambiamento radicale della nostra conversione.
Un vero cristiano -ha detto- non può presentarsi in comunità con viso tirato, occhi tristi e aspetto depresso, ma, al contrario, deve gioire in quanto è espressione diretta dell’amore riflesso del Cristo a cui egli si conforme.
Ha così presentato la gioia di Maria, madre esemplare di Gesù, e la gioia del figlio, Gesù, nella loro quotidianità: entrambi vivevano sereni e beati ne nella loro comunità esplicitando il loro compito al meglio non rifugiando dai momenti conviviali, condivisi con parenti e amici.
Li accumulava la felicità perché entrambi avevano una ragione di vita che radicava nella loro diversa opera di evangelizzazione, intesa come edificazione del regno di Dio, e così deve essere per qualsiasi altro cristiano.
Ognuno per la sua strada, senza “scimmiottare” modelli di altra santità, deve realizzare il suo percorso di vita nell’ascolto del Vangelo che ha in sé potenzialità immisurabili e imprevedibili, perché indica a ciascuno e a tutti il proprio giusto percorso di vita.
Dunque tutti siamo chiamati alla evangelizzazione per raggiungere la santità che è la felicità derivante dalla consapevolezza che la fede in Gesù Cristo dà senso alla propria vita pur se ognuno a proprio modo. Ma per quanto i percorsi di vita siano diversi non possono svolgersi al di fuori della comunità: bisogna camminare insieme (sinodalità).
È nella chiesa fraterna… è nella prossimità… è nell’incontro con l’altro che il vero cristiano si mostra qual è, ossia uomo felice di Dio, capace di amore concreto, di atti di generosità e di solidarietà.
25 marzo 2018
Una Via Crucis Vivente insolita, coinvolgente e commovente, è stata organizzata domenica sera, qui, ai Colli di Fontanelle, dal parroco don Antonino De Maio e dai suoi collaboratori (catechisti, animatori, ragazzi dell’ACR, ecc.).
Per chi l’ha vissuta in prima persona, come me, è stata un’esperienza di profonda e toccante religiosità.
Eravamo in tanti e ognuno di noi stringeva tra le mani la fiaccola accesa della fede, mentre seguivamo il parroco che ha iniziato il percorso invitandoci a mangiare il pane del perdono e a bere il vino nuovo della carità, così come ha chiesto Gesù nell’ultima cena, prima di sacrificarsi per noi fino al tormento del Calvario e alla morte in croce.
In corteo, sfidando il freddo della sera, abbiamo sostato, in silenzio, presso le diverse stazioni della passione dove i figuranti rappresentavano gli strazianti momenti della sofferenza di Gesù: nella parte sono entrati tutti e vederli così presi nell’interpretazione del dramma, ci ha molto commosso. La partecipazione dei bambini e dei ragazzi nelle prime stazioni è stata particolarmente suggestiva.
Nelle ultime tappe il dramma è stato rappresentato dagli adulti e lì le scene sono state di un realismo raccapricciante tanto che ci sembrava di essere ritornati indietro nel tempo e di stare effettivamente ai piedi della croce dove, con afflizione, abbiamo condiviso il dolore di Maria e abbiamo camminato, insieme a Lei e alle pie donne, fino al sepolcro, per assistere alla deposizione del corpo martoriato del Figlio di Dio.
La benedizione in chiesa e il ritorno a casa non ha posto fine a questa singolare esperienza perché ognuno di noi ha portato con sé spunti di riflessione, desiderio di preghiera e voglia di risorgere a nuova vita per vivere il vero spirito della Pasqua.
27 febbraio 2018
Siamo una comunità in cammino!
Sant’Agnello – Fiera del nuovo aspetto, risalta sulla cima del nostro colle e richiama i fedeli al loro dovere di figli devoti… parlo, ovviamente, della nostra chiesa della Natività di Maria Vergine dei Colli di Fontanelle che ora, dopo i primi lavori di rifacimento, si mostra notevolmente migliorata sia all’interno che all’esterno: all’interno, i nuovi infissi permettono una permanenza più confortevole, dato che non c’è più il freddo di un tempo, dovuto agli spifferi delle finestre e delle porte che consentivano l’entrata dei venti gelidi, soprattutto d’inverno, tanto che abbassavano notevolmente la temperatura; all’esterno i nuovi colori, il restauro della facciata e la riparazione dell’orologio hanno conferito più dignità all’edificio riportandolo al suo antico splendore. Caratteristiche ora appaiono anche le sfere in metallo poste in sommità dei campanili: ripulite e restaurate, luccicano, più che mai, attirando l’attenzione anche di chi le intravede da lontano. Curioso è stata la scoperta, nell’atto del loro restauro, di due diverse date stampate sulla loro superficie, quasi ad attestare che esse non furono collocate nello stesso tempo, ma, probabilmente, a distanza di molti anni l’una dall’altra. Ancora non si conosce bene il motivo di tale collocazione, ma qualcuno suppone che esse servissero a facilitare la vista della chiesa ai naviganti della zona allorquando solcavano le acque dei due golfi, quello di Salerno e quello di Napoli.
Purtroppo la storia dell’edificio è avara di notizie e non asseconda queste dicerie con riscontri documentati.
Comunque pure i marmi, posti sulla facciata, ripuliti, hanno ripreso lucentezza e laddove erano state incise scritte che mal si vedevano, ora le lettere sono perfettamente leggibili pur se il testo rimane incomprensibile a chi non conosce il latino.
Prossimamente sarà la volta del sagrato: saranno eliminati gli scalini laterali che impediscono l’entrata ai diversamente abili nonché i muri che circondano lo spazio antistante l’entrata e al loro posto sarà collocata una ringhiera che renderà più sicura l’intera area.
Manca dunque ancora qualche mesetto prima che il paese possa godere della completa ristrutturazione della nostra chiesa resa comunque possibile solo dall’incessante impegno del nostro parroco, don Tonino De Maio, che, in mille modi si è, e si sta, attivando, per fronteggiare ostacoli e spese. Parte anche da qui il profondo cambiamento della Chiesa locale, intesa sia come edificio sia come comunità in cammino, che i fedeli stanno sperimentando, di giorno in giorno, attraverso il continuo rinnovamento della prassi religiosa e delle consuetudini di vita comunitaria.
Un grazie particolare va a chi sostiene, anche con il contributo economico, questi progetti permettendone la piena realizzazione.
Anna Guarracino
25 febbraio 2018
“Sempre caro mi fu quest’ermo colle”
Come da bando del Concorso letterario di poesie “Sempre caro mi fu quest’ermo colle”, svoltosi nell’estate scorsa, in occasione della Mostra Mercato dei Colli di Fontanelle, nel pomeriggio di domenica, 25 febbraio 2018, alle ore 17:30, si è tenuta, in piazza “Carlo Sagristani”, la cerimonia della posa delle piastrelle, in ceramica sorrentina, sulle quali sono stati trascritti, a mano, su cotto, i testi delle poesie premiate.
L’evento si è svolto in presenza del sindaco di Sant’Agnello, Piergiorgio Sagristani, dei vincitori del Concorso Marisa Morvillo, Miko, Francesca Maresca e Gabriele Guarracino, del Comitato Organizzatore (Cooperativa Fontanelle) rappresentato da Giuseppe Coppola e Mariana De Martino, e dei promotori dell’iniziativa Anna Guarracino e Anna Sallustro nonché di tanti collaboratori e cittadini che, pur di condividere questo gradito momento, hanno sfidato il freddo intenso di Burian, il vento siberiano che ha raggiunto anche la nostra penisola, in questi ultimi giorni d’inverno.
Alla scopertura delle ceramiche, ogni autore ha declamato la propria poesia nel silenzio dei presenti che, dopo l’ascolto, hanno applaudito con pieno compiacimento e tanto entusiasmo. È stato bello sentir dire dalla viva voce dei premiati che hanno provato forti emozioni e tanta gioia, sentendosi così festeggiati e stimati!
Tutti hanno ricevuto un particolare encomio anche da parte del Sindaco che, con piacere, ha assistito all’evento, perché ne ha seguito lo sviluppo fin dall’estate, quando ci fu, in sua presenza, la proclamazione dei vincitori.
Non è mancato nel discorso commemorativo una chiosa sulla Cultura, intesa nell’accezione latina del “coltivare” il proprio modo di essere, vale a dire considerata come capacità di rielaborare i propri saperi e la propria esperienza in vista di una formazione personale sempre più forte, originale e creativa.
La vera Cultura -si è detto, ripetendo un noto aforisma- è l’unica droga che crea indipendenza: serve a non servire. Di qui l’invito a proseguire sulla strada dello studio, della ricerca, dell’impegno e della riflessione per essere sempre più soggetti liberi e pensanti e, nel contempo, cittadini partecipi e attivi.
Di sicuro, da domenica, la piazza dei Colli è più bella: decanta in versi la bellezza del paese, a nome di chi ha dimostrato di saperlo apprezzare.
Anna Guarracino
Sabato santo 2017
Sabato santo: è il giorno del silenzio! E’ il momento della riflessione.
Il buio e la luce riportano alla mente di tutti il passaggio dal nulla alla creazione, il divario tra la notte e il giorno, la differenza tra il male e il bene, il distacco tra il tempo brutto e il tempo bello, tra la tempesta e il sole, l’inconciliabilità tra la morte e la vita. Contrasti innegabili!
Più difficile è spiegare, negli stessi termini, il chiaro scuro del crocifisso che risalta al centro dell’altare della nuova cappella dei Colli di Fontanelle, adiacente alla chiesa della Natività di Maria Vergine.
Trattasi di un Cristo in penombra esaltato dallo sfondo di luce soffusa che si infiltra dall’esterno, da uno squarcio luminoso a mo’ di croce.
In tanta luce emerge, in un corpo contorto dal dolore, la sofferenza dell’Innocente.
Qui il buio e la luce non sono distinti: questo corpo in penombra fa più luce della luce dello sfondo.
Nessuno può rimanere indifferente alla sua vista e ognuno può interpretare lo scenario come vuole.
Di certo qui non c’è il nulla; non c’è la notte e neanche la tempesta; non c’è il male e non c’è la morte: qui il buio è stato annientato.
Il buio che traspare da questo crocifisso è tutt’altro: è speranza.
Il corpo esanime del Cristo, con il capo riverso in avanti, si presenta con ampie e possenti spalle sulle quali sembra che pesi tuttora la malvagità dell’uomo che alla pace preferisce la guerra, alla solidarietà l’egoismo, all’amore il dolore… dunque la malvagità anche dell’uomo dei nostri giorni e anche la nostra.
La sofferenza, per tanta sopportazione, traspare da ogni parte del suo corpo in agonia, ormai prossimo alla fine.
Eppure, in tanto spasimo, le sue gambe sono tese e il suo corpo è proteso in avanti, pronto al perdono, in un ultimo sforzo, prima di esalare l’ultimo respiro.
Come non affidarci a Lui!
Come non ringraziarLo per averci donato insieme alla sua vita anche il perdono e la speranza!
Come non festeggiarLo per aver vinto il buio!
Non so chi sia stato a scolpire tale “incanto”, ma so che è un autentico capolavoro: parla a tutti e dice tutto.
Anna Guarracino
Marzo 2017: Una ventata inaspettata di ottimismo
Si respira aria di cambiamento e di rinnovamento nel piccolo centro dei Colli di Fontanelle, alimentata dalla vivacità e dalla dinamicità della gente del posto che, con coraggio, lotta contro la congiuntura economica del momento, rendendo il paese sempre più vivo e attivo, aperto e accogliente.
Qui, quest’anno, l’arrivo della primavera ha coinciso con eventi straordinari che hanno diffuso nel borgo collinare una ventata di ottimismo e di speranza.
Ha cambiato sede e rinnovato i locali la ormai famosa pasticceria “La Dolce Arte” di Buonocore, alle cui prelibatezze dolciarie nessuno più è disposto a rinunciare, né i clienti locali né quelli provenienti dalle zone limitrofe. Al suo posto ha aperto i battenti un nuovo locale: una Trattoria-Rosticceria, completamente affidata dai titolari, Rosaria e Tonino Gargiulo, a persone capaci, con comprovate esperienze nel settore gastronomico. Il nome di questo nuovo esercizio pubblico,“La Perla”, chiarisce le intenzioni dei proprietari che sono quelle di offrire ai clienti il meglio della cucina locale, in linea con le tradizioni dei propri antenati, in una cornice ultramoderna che garantisce alla clientela una serena permanenza in un ambiente semplice e cordiale. Affianca la Trattoria una rinnovata Tabaccheria al cui interno, in un Bar, ben fornito, è possibile gustare squisiti caffè. Dunque, un’altra buona opportunità per tutti coloro che decideranno di trascorrere ore liete in questa amena località della Penisola Sorrentina che permette di racchiudere in un solo sguardo la bellezza dei due golfi, quello di Napoli e quello di Salerno.
Anna Guarracino
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