“Cinquanta 50”
Mi piace la matematica: è la materia che insegno da anni.
Ho dimestichezza con i numeri: non c’è giorno che io non faccia
un’operazione aritmetica o non risolva problemi, frazioni e quant’altro;
correggo elaborati; spiego teoremi ed enunciati; traccio linee e figure; calcolo
perimetri ed aree.
Eppure mai ho pensato di usare la matematica come termine di
paragone della nostra vita.
E’ vero che i filosofi dell’antichità consideravano questa
disciplina come mezzo essenziale per comprendere la realtà, come base
ineludibile per accedere ai saperi, o
meglio, per svelare i segreti dell’Universo.
E, pur condividendone tanta importanza, mai l’avrei usata come metafora dell’esistenza
umana.
A farlo però ci ha pensato
Rosanna Ferraiuolo che nel suo libro “Cinquanta 50” espone a riguardo una sua
personale teoria che di sicuro affascina per l’originalità e il modo in cui lei
la spiega e la sostiene.
Protagonista del suo racconto è una donna che giunta ai suoi 50
anni fa un bilancio della propria esistenza e si accorge che la matematica la fa
da padrone nel corso della sua vita.
I numeri si rincorrono, da una data all’altra, per ricordarle
episodi di vita vissuta che hanno inciso profondamente sulla sua personalità e
sulle sue scelte di vita; i numeri sono alla base dei suoi fallimenti, delle sue
paure e delle sue incertezze; i numeri sono quelli che l’avviano alla risalita,
alla speranza di un cambiamento di rotta che, liberandola dalle ferite del
passato, la faccia finalmente
realizzare.
Che dire! Sono rimasta affascinata dalla trama del racconto tant’è che
l’ho letto tutto d’un fiato, e, girando le pagine, una dopo l’altra,
senza neanche accorgermene, sono arrivata alla fine con la consapevolezza di
aver letto una bella storia.
Amo leggere e leggo di tutto, preferendo un buon libro a qualsiasi
altro intrattenimento, cinema, film o spettacoli che siano.
E ancora una volta sono contenta di aver aggiunto un’altra buona
lettura al mio ormai ricco e abbondante archivio
mentale.
Nella lettura di un testo inventato mi meraviglio sempre di più
nel constatare come dalla mente umana possano sviscerarsi racconti così
avvincenti da sembrare storie vere, raccontate pure con dovizia di particolari.
Di qui mi viene il massimo rispetto per questi autori, per questi
scrittori che riescono a compiere in ogni loro racconto questa ardua impresa: loro, come gli artisti,
ci fanno vivere emozioni tali che, alla fine della lettura, ci sembra che i
protagonisti siano nostri vicini di casa di cui conosciamo anche i segreti più
reconditi.
Questo è ciò che mi è accaduto con la lettura di “Cinquanta
50” di
Rosanna Ferraiuolo.
Ho provato pietà per la protagonista, provata dalla vita e
sconfitta dalle proprie incertezze.
Ho cercato con lei la verità, velata dal silenzio delle emozioni e
nascosta dalle mancate risposte a domande mai poste.
Ho sofferto con lei per quelle scelte non fatte, per quel suo
lasciarsi andare, senza resistenza, per quel suo essere donna
senz’anima.
Ho gioito con lei quando ha capito che non è mai troppo tardi per
riprendersi la propria vita.
Questo è del racconto il tacito invito finale che giunge al lettore, che lo fa sobbalzare
dalla statica poltrona per stimolarlo ad alzarsi e a riprendere con gioia il
cammino della propria vita, con la voglia di esserne protagonista assoluto per
non avvertire poi gli striduli gridi del rimpianto, perché “Vivere è diverso da lasciarsi
vivere”.
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